I colori di Bianca fra sogni e incubi sulla tela di Milano

Sedici anni, la certezza di avere talento nel recitare e il disperato desiderio di metterlo in vetrina per diventare una star nel mondo patinato del cinema, dimostrando anche ai suoi genitori di essere lei la più brava, la prescelta dal destino. Altro che l’imbelle e viscido fratello, aspirante calciatore fra centinaia di aspiranti calciatori, idolatrato dal papà e coccolato dalla mamma, pronti l’uno e l’altra a ogni sacrificio pur di vederlo indossare la divisa del successo sportivo mostrando muscoli luccicanti, dribbling e gol mirabolanti dagli schermi di una tv, risarcendo così il poco che invece la vita ha riservato loro: un pesante lavoro da camionista su strade sporche e inquinate e una quotidianità insulsa, ingabbiata fra le quattro mura di casa olezzanti soffritto in un grande quartiere di Milano. Bianca non pensa ad altro che al suo sogno, soffre per l’indifferenza sorda dei genitori, odia ogni giorno di più quel fratello nella cui ombra è costretta a vivere e a stingere inevitabilmente i colori dei suoi desideri. E decide di reagire. Lo fa con le uniche armi che ha a disposizione: il talento nel recitare e il suo corpo, giovane, bello, sodo, che sfrutta come un’attrice consumata per farsi ammirare e desiderare, costruendo a tavolino la sceneggiatura del dramma dal quale dovrà presto o tardi uscire vittoriosa: finalmente amata, compresa, apprezzata e sostenuta nella sua corsa verso le luci della ribalta. Poco importa se per farlo avrà dovuto vendere l’anima a scendere nell’abisso di un inferno senza redenzione, trascinando nel suo gorgo amici, parenti, compagni di scuola. Elena Mearini, 37enne scrittrice e poetessa milanese giunta al suo quarto romanzo in pochi anni (il terzo, A testa in giù, è stato pubblicato dal torchio sudmilanese di Morellini), si dimostra in queste 130 pagine una voce di rara potenza ed efficacia espressiva. È un libro, il suo, che graffia, scuote e “disturba”, costruito come una pièce teatrale (di fatto un lungo e ossessivo monologo) e scritto con una lingua pastosa e rigogliosa, plastica e concreta nel rappresentare la realtà, a volte fin esagerata per carica metaforica ma sempre in sintonia con il registro sfasato della protagonista. L’A. è altresì molto abile a tenere il ritmo e la tensione, senza concedere tregua al lettore, trascinato nel delirio di pensieri e nel vortice di azioni in cui la protagonista, nomen omen, sembra frullare l’arcobaleno di colori della realtà fino a ottenere il bianco pallido della morte, altrui e propria. Chiaro anche l’intento di denuncia (esplicitato in postfazione da una breve nota della scrittrice Laura Bosio) nei confronti di un mondo - a maggior ragione in una città frenetica e fredda come Milano - svuotato di senso e di valori. Un mondo sempre più complesso da vivere per adolescenti iperconessi ma paradossalmente sempre più soli e incapaci di intessere vere relazioni, sia orizzontalmente fra loro sia verticalmente con gli adulti. Bianca ne è l’emblema assoluto, vittima e carnefice insieme, al punto di desiderare per sé, una volta sfumato l’unico vacuo sogno che le pareva degno di senso, soltanto un posto nel «paradiso dei cattivi».

Elena MeariniBianca da MorireCairo Editore, Milano 2016, pp. 130, 13 euro

© RIPRODUZIONE RISERVATA