Hanna, Yousef e i sogni spezzati degli ebrei greci

Con l’avvicinarsi del 27 gennaio, giornata dedicata alla memoria dell’Olocausto, gli editori fanno a gara nello sfornare romanzi, saggi, racconti, diari, epistolari che possano rivelare ancora qualche cosa di nuovo sull’immane tragedia del genocidio degli ebrei perpetrato - tra la metà degli anni Trenta e la fine della seconda guerra mondiale - dai nazisti e dai loro alleati più stretti sotto la spinta del folle programma di sterminio messo in atto dal Führer. Ma se è vero che ricordare tanta tragedia è opportuno e doveroso, soprattutto nel momento in cui inesorabilmente la memoria fisica di quegli anni scompare sotto l’incalzare del tempo, e se è vero che pubblicare libri a tema va senza dubbio nella giusta direzione (così come realizzare film, documentari e programmi tv) , è altrettanto vero che una certa ridondanza rischia di stancare i lettori. E che addirittura la ricerca spasmodica di pagine ancora non raccontate di quell’infinito orrore può diventare stucchevole e sfociare in una sorta di pernicioso voyerismo. Occorre dunque saper scegliere cosa raccontare e come raccontarlo, ma occorre ancor di più, ne siamo convinti, scegliere il pubblico giusto a cui rivolgersi. E il pubblico da prediligere, scomparsi ormai quegli straordinari memoriali viventi che sono stati i genitori (diventati poi nonni) per molti dei nati dopo il 1945, è quello dei bambini e dei preadolescenti.Proprio a questa categoria si rivolge Hanna non chiude mai gli occhi, il bel romanzo del ligure Luigi Ballerini pubblicato in questi giorni dalle Edizioni San Paolo sotto un titolo ad effetto (come non pensare all’altra Anna del celeberrimo Diario) e con una copertina di sicuro impatto. Un libro che ha per protagonisti due quindicenni ebrei, Hanna e Yousef, costretti a una convivenza forzata che si fa amicizia profonda e qualcosa di più, e due uomini - un diplomatico e un militare italiani - che si rifiutano di far da passacarte alla pianificata distruzione - con relativa deportazione in Polonia - della comunità ebraica di Salonicco (nella Grecia occupata dalle forze dell’Asse), provando invece a mettere in salvo quante più persone possibili, sfidando le truppe tedesche e mettendo a rischio la propria stessa vita. Un esempio di umanità e di abnegazione che, specie su un’utenza di ragazzini, può aiutare a far conservare la fiducia circa la possibilità che anche davanti alla «banalità del male» espressasi in tutta la sua potenza distruttiva in quel torno d’anni, c’è un bene capace di mettersi di traverso e, spesso, di vincere. Se per Hanna l’incontro con Yousef sarà la scoperta di un amore sorprendente che neppure le circostanze più cupe potranno cancellare, per il console Zamboni e il capitano Merci quei drammatici mesi saranno infatti l’occasione per riaffermare il primato della coscienza (e dell’umanità) sul rispetto delle leggi: «Avremmo potuto non farlo? Avremmo davvero potuto non aiutare quelle persone?» si chiedono i due a un certo punto del romanzo.Ballerini riesce a raccontare in modo piano, semplice e con una scrittura che regala anche inattesi scorci di lirismo descrittivo, la doppia vicenda delle due coppie di personaggi, incrociando i piani senza mai rischiare di confondere il giovane lettore e riuscendo a costruire con abilità, rendendola palpabile, la tensione che si viveva nel 1943 nel drammatico contesto della città greca sotto l’occupazione nazista.

Luigi BalleriniHanna non chiude mai gli occhiSan Paolo, MIlano, 2016, pp. 174, 14,50 euro

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