Fra i gialli di Christie e le ricette dell’Artusi

Un polpettone zingaro con peperoni arrosto, tonno, pane del giorno precedente bagnato nel latte, sedano e olive senza nocciolo, meglio se taggiasche. Una ricetta prelibata al punto da conquistare quel tanto celebre Pellegrino Artusi, autore della primo vero libro di cucina della storia italiana. Ecco che quella ricetta somiglia tanto al libro che ne racconta la storia, Odore di chiuso di Marco Malvaldi, un romanzo gustoso da leccarsi i baffi, capace di mettere insieme in un apparente guazzabuglio di gusti diversi, ingredienti come il romanzo storico, il giallo alla Agatha Christie, il diario. La vicenda si svolge a fine Ottocento, in un’Italia fresca di Unità che discute di Nord e Sud come oggi. Nella villa del barone Romualdo Bonaiuti si ritrovano piacevolmente un folto gruppo di invitati. C’è al completo la famiglia del barone co i due figli:l’intellettuale Gaddo e il frivolo Lapo, il primo conquistato solo dalla poesia, il secondo dalle donne, ma ugualmente inetti. Unica pensante la figlia Cecilia, per non parlare della nonna legata alla sua sedia a rotelle ma dallo spirito inarrestabile e la cugine zitelle. Sarà il maggiordomo Teodoro la prima vittima che verrà a funestare il clima festoso del convivio. Il povero Teodoro sarà ritrovato cadavere in cantina, con la porta chiusa a chiave dall’interno per aumentare il mistero. Il primo indizio, fondamentale, sarà proprio l’acuto olfatto dell’Artusi a coglierlo. Pure la storia non finirà qui, perché la servetta Agatina sarà coinvolta in un fattaccio apparentemente senza spiegazioni. Fino all’epilogo a sorpresa.

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