Dentro e oltre il ’900, i versi di Carlos Reche

Levigata e profumata come una gustosa mela, questa poesia dello spagnolo Juan Carlos Reche (Cordova 1976) intrattiene con la tradizione concettistica più di una relazione, temperata da ironia, attenuazione e compostezza formale. Ne è spia, con eleganza, più di un tema della tradizione che allude alla dissoluzione, ai grandi temi del nulla e della nullificazione. A una poesia di pensiero manca l’interrogazione filosofica, un organico rapporto con i saperi, una tensione forte fra etica ed estetica. Comunque è questa una poesia di grandi tradizioni e qualità, che eccede, tenendone conto e tenendole a distanza, le tradizioni di modernità uscite dal simbolismo e dalle aporie dei romantici del ‘900. Per tutte le poesie: «Más que vacío, / el vuelo del que caiga // el fruto retraído, / el veneno quieto. // Un círculo a mano, / una cruz rezagada. // Más que miedo, / pereza del futuro. // Este pilar intacto, / oxidado». [ Più che vuoto, / il volo di chi cade // il frutto schivo, / il veleno quieto. // Un cerchio a portata di mano, / una croce distanziata. // Più che paura, / l’accidia del futuro. // Questo pilastro intatto, / ossidato].

Juan Carlos Reche, La corsa del fruttoTraduzione di V. Nardoni LietoColle Faloppio (Co), 2013pp. 106 13 euro

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