De Cataldo noir nella Torino dell’Ottocento

Ancora un bel romanzo, piacevole e garbato nonostante i forti risvolti noir, nel raccontarci la vita quotidiana nel Piemonte di Carlo Alberto al tempo della prima Guerra d’indipendenza, tra il 1846 e il 1848, intrecciata con una bella e lunga caccia a un pericoloso serial killer, che, quando agisce, indossa una maschera con un adunco naso d’argento sul modello di quelle usate nel Seicento per proteggersi dagli effluvi, che si credevano contagiosi, della peste. Un romanzo storico, come si dice, ma senza alcuna pedanteria o didascalismo, così che la lettura prende il lettore, tenendolo sospeso tra due grandi storie, un’indagine poliziesca e una contrastata vicenda d’amore, con lo sfondo della politica dell’epoca, delle incertezze del “re tentenna” che trovavano una qualche punto fermo grazie solo al pragmatismo machiavellico del conte di Cavour, che non fa e dice mai nulla a caso e tratta con molta benevolenza il giovane Emiliano Mercalli di Saint-Just, carabiniere del re, protagonista della nostra storia, cui viene chiesto di scoprire chi uccide in modo tanto barbaro giovani donne, e non solo. E poi la miseria di certi quartieri, l’antisemitismo sempre pronto a essere usato come un’arma politica, gli studi psichiatrici tra dottori reazionari e altri aperti a nuove ipotesi, gli errori giudiziari, specie quando si vuole un colpevole a tutti i costi, e infine il progresso che arriva nella forma di una mongolfiera.Tra discorsi sulla guerra, e l’armistizio di Salasco, tra cavalcate al Valentino e nella campagna piemontese, tra vita militare del giovane corpo dei carabinieri tutori dell’ordine e piacevole vita mondana nella Torino borghese e aristocratica, col nostro Emiliano sono un medico dalle idee progressiste e dal metodo induttivo, Gualtiero Lancefroid, una sorta di Sherlock Holmes con un fido servitore nero haitiano; una donna dai caratteri protofemministi e guardata con scandalo dalle signore della buona società, la bella attrice Naide Malarò, dalle insospettabili curiosità e conoscenze scientifiche; Fabrizio Lazari, capo dei servizi d’informazione dei carabinieri, che invita a cercare il mostro «negli strati più infimi della società»; il pittore di ritratti Tobias Zevi di Samuele; Giacomo ebreo errante muto e con la lingua strappata, reduce da chissà quale pogrom; il vecchio parruccone reazionario duca di Pasquier. Con questi e tanti altri, naturalmente c’è poi, terrore del popolino e paura della classe dirigente, El Diaul (il diavolo), una sorta di Hannibal Lecter ottocentesco: «Ci sono cose, tra quelle che gli uomini sono in grado di fare ai propri simili, che rasentano il sovrannaturale. e le ragioni, se ve ne sono, stanno annidate nei labirinti della mente, un territorio ancora largamente inesplorato, e che forse mai lo sarà sino in fondo», come riflette il buon Emiliano. Il tutto in una bella e semplice macchina narrativa portata avanti con una lingua pulita e precisa, a ritrarre pregi e difetti, contrasti e inquietudini che saranno di li a poco di tutta l’Italia sabauda unita, e con cui ancor oggi facciamo i conti.

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Giancarlo De Cataldo, Nell’ombra e nella luce, Einaudi, Torino 2014, pp. 218, 14 euro

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