Daverio immagina un “nuovo” museo

Immaginare un museo che metta in discussione tutte le categorie del conosciuto, che le confonda e le rimescoli, anzi, per raccontare una nuova storia o semplicemente per rileggere quella storia con occhi diversi. Un museo ideale, dove a spiegare la pittura politica ci siano, raccolte in un’unica grande sala, la colossale Zattera della Medusa di Theodore Gericault e la Libertà guida il popolo di Delacroix, Guernica di Picasso e il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, la Statua della Libertà di New York e la Fucilazione di Goya. Dopo l’esperimento riuscito de Il Museo Immaginato, Philippe Daverio torna in libreria - ma anche nel mondo del digitale con l’ebook in formato ePub Fixed Layout ottimizzato per iPad - con un nuovo capitolo del suo personalissimo compendio di storia dell’arte, dedicato questa volta alla scoperta dell’età moderna, ovvero

del “Secolo Lungo”, quello che parte dalla Rivoluzione Francese e finisce nella catastrofe della Prima Guerra Mondiale. Ironico, estroso, un po’ incantatore come nelle migliori puntate di Passepartout, la trasmissione televisiva che lo ha lanciato nel rapporto con il grande pubblico, Daverio, occhiali e papillon d’ordinanza, torna a prendere per mano il lettore-spettatore per accompagnarlo in un inedito Grand Tour nella storia dell’arte. E se il primo dei suoi musei immaginari aveva come contenitore una villa neoclassica divisa in molte stanze, questo secondo è allestito tra le mura di una antica stazione «di una ipotetica città europea», riconvertita all’arte come lo è stata a Parigi la Gare D’Orsay. «Abbiamo ipotizzato un museo diverso, luogo della fantasia e dell’immaginazione, in un’ipotetica città d’Europa che da qui vuole ripartire per il riordino urbanistico del suo centro utilizzando la vecchia stazione ferroviaria ormai dismessa», scrive. Lo scopo, spiega nelle pagine introduttive, è quello di contribuire a confondere le idee assodate per tentare di porre le basi di una Storia che si rimette in marcia. Progetto «intollerabilmente ambizioso - riconosce - che si trova costretto ad abolire categorie dello spirito oggi innegabilmente obsolete». Pagina dopo pagina, questo secondo volume di Daverio - come il primo corposo e riccamente illustrato - affronta dunque i temi più importanti della modernità attraverso seicento opere d’arte raccolte tematicamente per vettori storici, quello politico, da Gericault e Delacroix aPelizza da Volpedo; quello della macchina e del lavoro, da Turner a Courbet e a Boccioni, quello della fuga dalla realtà - nella dolce vita della Belle Epoque - da Tissot a Manet, da Dante Gabriele Rossetti a Fortuny, Gauguin e Van Gogh fino al Simbolismo e all’Art Nouveau, con la quale si chiude il percorso.Un gioco colto, divertito e divertente, che fra i padiglioni e le sale di questo museo immaginato prevede anche gustose soste in locali e ristoranti a tema, dove si fantastica di sorseggiare un caffè o mangiucchiare qualcosa circondati dalle opere dei Macchiaioli o degli impressionisti. Ma che, nel gioco serio dell’immaginazione, non trascura anche un altro aspetto fondamentale oggi, per l’arte e per i musei: quello della sostenibilità, con una puntigliosa descrizione introduttiva nella quale Daverio elenca sia i capitoli di spesa che le forme di finanziamento del suo museo, che vanno dagli appartamenti di lusso ristrutturati e affittati a caro prezzo nello stesso edificio ai ristoranti affidati in gestione e all’albergo, senza dimenticare il contributo pubblico, comunale e regionale, e quello dei privati, soci sostenitori, ai quali (siamo sempre nel campo dell’immaginazione) viene naturalmente concessa la defiscalizzazione. Perché «un museo costa - ricorda serio il critico - ed è meglio saperlo subito, prima di cominciare a progettarlo, altrimenti si rischia la mesta fine del Madre di Napoli o la triste situazione delle ambizioni senza finanza del Maxxi di Roma».

PHILIPPE DAVERIO, Il secolo lungo della modernità Rizzoli-Rcs Libri, Milano 2012, pp. 544, 39 euro

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