Cocktail, vizi e incubi di un uomo solitario

La pulizia e la perfezione stilistica se sapientemente usate sanno forgiare anche il soggetto più normale. Williams ce ne dà un saggio nel libro di esordio, scritto a vent’anni durante l’esperienza militare in India e Birmania nel secondo conflitto mondiale. La giornata di un giovane borghese della California, ambientata nella San Francisco notturna delle feste di Max Evartz e dei club metropolitani, ci trascina in un vortice di perdizione e scioccante ritrovamento. Prima di firmare i suoi capolavori Stoner e Butcher crossing, l’autore ci porta nei sogni di Arthur, a misurare la solitudine, l’alienazione del singolo e a scandagliare i fantasmi dell’inconscio. Insofferente e apatico, il protagonista girovaga immerso nei suoi incubi a occhi aperti, incontrando l’amico viziato Stafford Lord, il padre, con cui intrattiene poche e deboli parole, e una donna compagna di solitudini conosciuta al club Luisant’s. I ricordi riaffiorano e il misterioso passato della madre si rivela tra cocktail e scariche di pulsioni in un mondo vuoto che barcolla.

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John Williams, Nulla, solo la notte, Fazi Editore, Roma 2014, pp. 138, 13,50 euro

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