Carrère “scava” fra le paure di un bambino

Storia di un bambino che è costretto a crescere, storia di un’amicizia e, soprattutto, scoperta della vita con i suoi lati neri, in un gioco colpevolizzante e autodistruttivo. È un noir esistenziale, anche se col suo risvolto poliziesco e delittuoso, questo breve romanzo di Emmanuel Carrère, il fortunato autore del fortunatissimo Limonov, che lo scrisse una ventina di anni fa in un momento felice, per delicatezza del racconto, limpidezza della scrittura, equilibrio dei vari ingredienti e, soprattutto, sensibilità psicologica.Due genitori apprensivi e oppressivi si trovano quasi costretti a far partecipare il proprio bambino alla settimana bianca organizzata dalla scuola e, per non mandarlo col pullman collettivo, è il padre a accompagnarlo in montagna, dove lo lascerà dimenticandosi di scaricargli la valigia, che tutti si aspettano riporterà il giorno dopo, mentre invece scompare nel nulla. Da questa assenza imbarazzante, da questa diversità prende l’avvio la terribile e affascinante esperienza di Nicolas, bambino chiuso, fragile, solitario, capace di grande immaginazione, di lunghe ed elaborate fantasie negative, esorcistici momenti di paura. Ecco pensare che il padre sia morto e che arriverà una telefonata allo chalet e tutti, a cominciare dalla maestra, saranno imbarazzati con lui. Ecco che pensa alla malattia e morte del figlio di un professor Ribotta, odiato e irascibile, insopportabile. Così arriva a immaginare la sua morte, per assideramento, una notte che esce e si inoltra tra la neve dallo chalet in preda ai sensi di colpa, deciso a non farsi mai più ritrovare. Ma il sogno, la fantasia più nera sarà quella più inimmaginabile e che arriva a sorpresa, terribile, facendo sì che il suo ritorno anticipato a casa «la sua vita sarebbe cominciata in quell’istante e che per lui in quella vita non ci sarebbe stato perdono», pur essendo, ovviamente, lui del tutto innocente. Carrére riesce a raccontare il mondo intimo, interiore di questo bambino con tocco lieve, coinvolgendo il lettore in quel suo mondo difficile, negativo, senza speranza. Eppure allo Chalet la maestra si fa in quattro, specie quando lui riesce persino ad ammalarsi e gli viene la febbre, dopo la fuga notturna. Un compagno più grande, temuto e amato, Hodkann lo prenderà sotto la sua protezione, anche se tenendo sempre le distanze, almeno sino agli sviluppi finali della vicenda. E poi c’è Patrick, il ragazzo che aiuta la maestra, con la sua auto scassata, che si prenderà cura di Nicolas, lo porterà a cercare vestiti, lo farà, per poco, sentire un bambino libero di vivere e fare scelte, come avesse a che fare col padre che avrebbe bisogno. Tutto mentre il racconto si snoda creando un filo lieve di angoscia crescente, di mistero che incombe e si insinua minaccioso, come le fantasie di Nicolas potessero, anzi dovessero da un momento all’altro divenire reali. Perché questa è una settimana bianca in verità assai nera e a sorpresa.

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Emmanuel Carrère, La settimana bianca, Adelphi, Milano 2014, pp. 140, 16 euro (traduzione di Maurizia Balmelli)

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