Brera e la Lombardia, un altro atto d’amore

Sono tante le storie dei lombardi che la penna di Gianni Brera scrisse con il suo stile originale e inconfondibile, raffinato e pacato insieme. Appassionato di sport, seppe raccontarlo come un romanzo nazional-popolare come mai si era soliti fare prima di lui (e anche oggi i troppi tentativi di imitazione risultano vani). Il “Gran lombardo”, nato nel 1919 a San Zenone Po, nel Pavese, sapeva cogliere l’essenza di questa terra fatta di pianura e di acqua, di città e campagna, di monti e nebbie. Ecco perché è sempre un piacere ritrovare in libreria il suo Storie dei Lombardi, nuova edizione aggiornata da una ricca prefazione del figlio Paolo edita da BookTime: vi è racchiusa tutta la Lombardia che Brera amava, fatta di luoghi, ma soprattutto di persone che in quei luoghi abitarono nei secoli passati. Tra tanti, un capitolo gustosissimo è dedicato a Fanfulla da Lodi, soldato di ventura alle dipendenze degli spagnoli in lotta contro i francesi per il dominio nel territorio. Un «mattocchio» lo definisce Brera, divertito dal fatto che gli sportivi lodigiani si siano ricordati di questo «eroe per dispetto» (dice il giornalista) nel momento di dare un nome alla squadra calcistica locale. Poco importa se oggi non siamo certi della verità storica di Fanfulla da Lodi (soldato valoroso o capitano di ventura?): «Può anche non essere vissuto, ma il Fanfulla di Lodi (si noti il cambio di preposizione, ndr) lo ha fatto idealmente vivere come agonismo: lo ha messo in arancione e lanciato contro la desolata miseria di quegli anni. Come la gran gente bassaiola ha la sua degna capitale a Lodi, così Fanfulla ne è l’eroe eponimo: e noi lo accettiamo perché vivo e credibile l’hanno voluto i suoi».

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