Si legge d’un fiato l’ultimo liberculo di Gucci, tanto semplice e crudo nel mettere in primo piano la vita di un corridore che si racconta tra fantasmi e amori nel corso dei cento metri più importanti della sua vita, quanto sintetico nel gestire i tempi narrativi, stringendo i personaggi in una morsa che annienta la memoria, facendoli cadere nel buco nero dell’oblio. L’estetica sfocia fin dall’inizio del racconto nell’anestetica, dal momento che l’atleta corre per esorcizzare il vuoto, per paura di fermarsi a pensare. Tra telecamere, sponsor, anabolizzanti e combine, l’autore ci trascina sui blocchi di partenza in quella gara definitiva che può durare una vita, nella mente di un uomo tormentato dal passato, dove si spalanca la voragine dei ricordi e l’ansia di un futuro luminoso e di una gara perfetta. Estraneo a sé e ai propri bisogni, corre e basta, senza chiedersi il perchè: sta qua la solitudine del centometrista. Pagine piene e vuote si alternano correndo al vento delle parole e «il futuro andava avanti veloce, e noi dietro dietro sempre più veloci, e la vita correva...».
Emiliano Gucci, Nel ventoFeltrinelli editore collana “I narratori”, Milanopp. 144, 12 euro
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