«Troppo intelligente, colto, originale:buon riposo caro don Pino»

Il canonico della Cattedrale e rettore dell’Incoronata mancato una settimana prima di Natale

Buon riposo, caro don Pino, buon riposo. Mi libero dall’impiccio dicendo da subito che non desidero ne beatificarti come sacerdote e nemmeno esaltarti come uomo. Coloro che ti hanno conosciuto ben sanno dei tuoi peccati e delle tue virtù. E chi non ne ha.

La vita è strana, e la mia si è incrociata con la tua in modo significativo per ben due volte. La prima c’entra con l’augurio iniziale del buon riposo. Correva l’anno del Signore 1990 e in quell’estate mi apprestavo a iniziare la mia esperienza di seminarista, a fine corsa, nella parrocchia di Salerano. Primo atto fu incontrare il parroco. Ti conoscevo di vista e per fama. Al mio saluto iniziale e al mio chiedere per educazione: ”Come va don Pino? Mi hai risposto: “Sono stanco.” Che sincerità, non volevi far colpo sul giovane seminarista con roboanti piani pastorali, ma hai detto semplicemente quello che eri, stanco. Quella stanchezza l’ho capita molto più tardi, crescendo; quel peso del vivere veniva da lontano, da antiche fatiche. Ordinato l’anno prima del famoso 1968, i tuoi giovani ardori sacerdotali si erano sommati al desiderio di cambiare il mondo, ma negli anni tutto si era schiantato contro un mondo che non si rinnovava. Abbiamo sempre fatto così. Il Concilio Vaticano II, con i suoi pro e i suoi contro, che non decollava nel terribile quotidiano, ed allora si getta la spugna. Don Pino eri così. E quella volta che mi sono permesso di dirti: “Ma don Pino è un po’ pessimista! Mi hai risposto con sagacia: “No, io sono un ottimista bene informato, un realista”. Avevi ragione.

Nell’anno da diacono a Salerano mi facevi predicare alla S. Messa prefestiva e mai una volta ti sei permesso un’osservazione sui sermoni imberbi del giovane seminarista. Mi stavo allenando. Erano però le tue omelie che seguivo incantato. Partivi in sordina, quasi sottovoce, per poi passare dalla Sacra Scrittura alla teologia, dalla spiritualità all’ecclesiologia, chiosando arguto sulle ultime notizie, tastando storia, letteratura, sport. Gettavi a piene mani saggezza, riflessioni, intuizioni, approfondimenti. Devo dirtelo, sei stato il più sublime, brillante e colto omileta che abbia mai ascoltato, ed il parroco più intelligente che abbia incontrato. E ne ho ascoltati, e ne ho incontrati. Tutto partiva dal tuo studio personale, curioso, onnivoro, indomabile. Vederti seduto alla scrivania, circondato, direi meglio, sommerso dai tuoi libri era uno spettacolo. Grattacieli di libri, riviste, fogli volanti salivano dal pavimento, si posavano su ogni dove, se ne stavano in bilico su scaffali e davanzali. Troppo intelligente, troppo colto, troppo originale. Per i superficiali, eri solo pessimista e malinconico; per me e per altri che ti hanno conosciuto un poco di più, sei stato uno stimolo allo studio, all’approfondimento, alla ricerca. Quasi dimenticavo, grazie per il calice della Prima Messa.

Passano gli anni e divento tuo coadiutore a Dresano, ci incrociamo di nuovo. Quattro anni di libertà, di battute argute, di pastorale vitale e non libresca. Quattro anni per me da giovane prete, e chi l’avrebbe mai detto, anche da tuo ultimo vicario. Si moltiplicano i ricordi. E poi ancora: qualche volta sono inciampato nelle tua figura nei dintorni della Curia, con il tuo incedere ciondolante e unico, la tua borsa di plastica della spesa tra le mani. Qualche battuta, sempre pungente, che non posso riferire, e gli anni che passano. Ti devo anche chiedere perdono perché non sono mai venuto a farti visita. C’era sempre qualche scusa, qualche impegno, qualcos’altro da fare. La vita è dura; è sempre troppo tardi quando ci si accorge delle occasioni mancate.

Mi ricordo che nel salutarti ufficialmente a Dresano ti ho detto che saremmo stati sepolti nello stesso cimitero di Vidardo, di Monte Oliveto. Ora l’antica terra dei Monaci Olivetani di Villanova del Sillaro ti darà finalmente pace. Prometto che, passando davanti alla tua tomba per camminare verso la mia, non mancherò di salutarti. È tempo di concludere. Grazie di tutto. Grazie di tutto, uomo colto e sublime omileta. Buon riposo don Pino, buon riposo.

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