«Sollevare ora il tema dei telefoni a scuola è un’operazione di “distrazione di massa”

Caro direttore,

tirar fuori in questo momento la questione del cellulare nelle aule scolastiche, mentre il Parlamento è impegnato ad approvare in extremis la legge di bilancio, appare come una questione di “distrazione di massa”.

È un fatto inconfutabile che in migliaia di scuole (pubbliche e private) già da qualche tempo sia vietato il suo utilizzo in classe (salvo permetterlo in un contesto didattico specifico) e che tale norma, ove è stata adottata coinvolgendo nella decisione anche gli stessi studenti delle superiori, ha prodotto risultati sorprendenti sotto tanti aspetti. Maggiore attenzione e coinvolgimento durante le lezioni e, dopo un primo comprensibile momento di “mancanza d’aria”, anche un aumento delle relazioni fra gli stessi studenti che, spostati gli occhi dal quadrante del proprio smartphone, hanno scoperto con una certa meraviglia quelli del compagno di banco, godendo di un senso di libertà mai assaporata prima.

Sono argomenti a favore del divieto in classe che dirigenti scolastici e insegnanti conoscono bene, come fra l’altro emerso da una recente indagine parlamentare con tanto di proposta di legge (decaduta ora per fine legislatura), che prevedeva il divieto assoluto di portare gli smartphone in classe, mostrando i “disastri” causati dal loro uso indiscriminato. D’altronde, che possano trasformarsi in strumenti di “distruzione di massa” è pure confermato dalle tragedie che il loro uso inappropriato provoca soprattutto fra i giovani.

Un’ultima considerazione. Si parla di scuola solo quando succedono fatti incresciosi: danneggiamenti vari, furti di pc, controsoffitto che crolla, alunno che spara pallini di piombo in faccia all’insegnante, festa di Natale annullata all’ultimo momento e quando si registrano casi di bullismo o di pura violenza. Quasi mai si discute di questioni didattiche e pedagogiche. Raramente, tanto per fare un esempio, si affrontano i problemi del fenomeno immigratorio con la sua incidenza sulla scuola italiana. Qui, ogni intervento in tale situazione è lasciato alla buona volontà di qualche dirigente e di alcuni insegnanti. Insomma, mi sembra che non ci sia la volontà di affrontare la questione educativa nel suo complesso. Si prosegue con slogan, per proposte talvolta strampalate, senza una programmazione che vada alla radice dei problemi.

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