SAN DONATO Checchi: «Lo stadio avrà ricadute pesanti sulla città: siamo ancora in tempo per ripensarci»

La lettera aperta al sindaco Squeri

Egregio Signor Sindaco, o forse mi viene più facile, caro Francesco Sindaco,

grazie alla disponibilità del Direttore Rinaldi che qui ringrazio, ti scrivo questa lettera aperta perché credo che sia necessario fare chiarezza su alcune questioni per me importanti riguardo la questione stadio a San Donato Milanese e solo il Sindaco della mia città può dirimerle.

Mi rivolgo a te per capire: “Ma veramente tu ritieni che ci sia un valido interesse pubblico nella realizzazione di uno stadio a SDM? Cioè tu ritieni fermamente che questa operazione immobiliare a vantaggio di un fondo americano proprietario di una squadra di calcio sia fatta anche per il bene della nostra città?”. Io, che ho ricoperto per 10 anni l’incarico che oggi è tuo e che quindi so bene cosa vuol dire governare una città, ho sempre ritenuto che al di là di interessi particolari o di una parte, quello che va tutelato e garantito ogni volta è sempre e comunque il Bene Comune, il bene di una Comunità: e questo valore/principio va garantito sempre, sia se si decide di autorizzare un piccolo intervento, sia, a maggior ragione, per gare e interventi di milioni di euro!

Lo stadio del Milan, così come si configura nelle ipotesi progettuali che stanno emergendo dai vostri racconti e dalle interviste che rilasciate, pare essere esclusivamente un’operazione economica e immobiliare a totale beneficio di una società di un fondo d’investimento americano che ha comprato la mia squadra del cuore (io sono tifoso del Milan da sempre) e su cui ricadranno i maggiori se non esclusivi ritorni dell’intervento. Dico ritorni perché se l’investimento sarà sicuramente importante, altrettanto importanti (e quantitativamente significativi) saranno i loro guadagni economici e su questo aspetto ho la netta impressione che poco si sia riflettuto all’interno della tua Amministrazione. Nessuno intende demonizzare l’intervento privato e la sua capacità di far girare il denaro, ma su questa operazione specifica mi chiedo: “A che prezzo?”. Forse che tutto questo non avrà ricadute pesanti sulla vita della nostra città che per 60/70 giorni all’anno, tra partite di calcio ed eventi musicali, triplicherà il numero dei suoi abitanti passando dai nostri quasi 33 mila di oggi a più di 100.000 (+72 mila considerando il numero degli spettatori) con pesanti ripercussioni su traffico, ordine pubblico, parcheggi, salubrità e anche pulizia?

La qualità della vita dei sandonatesi verrà fortemente compromessa in occasione di questi eventi spettacolari e sportivi, non v’è ombra di dubbio! E di nuovo mi e ti chiedo: “A che prezzo o, per altri versi, a che pro tutto questo?”. Noi cittadini di San Donato dovremmo sobbarcarci un onere così pesante da gestire con vantaggi per la nostra città che oggi faccio molta fatica a vedere. E voglio qui fare cenno alle ricadute sull’intero territorio del SudEst milanese, che ne risulterebbe sconvolto: da Porta Romana in Milano fino a scendere alla città di Lodi, tutto quest’ambito territoriale si bloccherebbe in occasione di eventi che richiamano migliaia e migliaia di persone: avete pensato a quali risvolti sovra comunali tutto questo si porta dietro?

E qui mi sorge spontanea la seconda domanda: “Sindaco, ma tu che idea di città hai in mente? Cioè da qui a 20/30 anni come ti immagini che potrà essere la nostra città-giardino, così come viene definita SDM sui libri di urbanistica contemporanea?”. Ti dico che quando abbiamo steso l’attuale PGT, la mia Amministrazione aveva ritenuto lo sviluppo di San Donato ormai concluso andando addirittura a ridurre le volumetrie da costruirsi e io su questo, riguardo il progetto che state portando avanti a passo spedito, non vedo alcun elemento di continuità, anzi una retrocessione molto preoccupante!

Io e te siamo cresciuti nella città pensata e realizzata dall’Ing. Enrico Mattei, in cui s’è sempre tenuto in grande considerazione il contesto in cui si andavano a realizzare gli edifici, che fossero abitazioni, luoghi di lavoro o servizi, ma sempre con grande equilibrio. Quell’equilibrio tra verde fruibile e costruito che ci ha fatto sempre considerare come un’eccellenza vivere e crescere a San Donato, una città a misura di famiglie, di giovani come di persone anziane, senza che venisse mai meno una grande cura su tutto ciò.

Allora da mesi, da quando ad aprile sono uscite le prime indiscrezioni, continuo a chiedermi: “Ma cosa c’entra uno stadio da 70 mila posti con tutto ciò?”. Ti do io la risposta: “Nulla!”. Perché i nostri figli, i nostri nipoti e tutte le generazioni future ci chiederanno conto di cosa lasciamo loro in eredità: e io non riesco a pensare che tutto ciò che saremo in grado di lasciare loro e per cui saremo ricordati è uno stadio di calcio.

Il mondo oggi sta andando in direzione completamente contraria riguardo alla continua costruzione di edifici enormi e opere gigantesche, che nel secolo scorso indicavano segni di progresso. Ma non è così e i nostri giovani ci chiedono di lasciare loro un mondo migliore di come l’abbiamo trovato; il Papa stesso in questi anni di pontificato continua a richiamare tutti noi uomini e donne del Pianeta a non pensare che lo sviluppo continuo, smodato, possa proseguire all’infinito: la terra non è a consumo infinito e noi dobbiamo essere in grado di effettuare le nostre scelte, ognuno per l’ambito che gli è affidato, verso uno sviluppo, una crescita rispettosa di quanto viene a noi affidato ogni giorno.

Francesco, siamo ancora in tempo per ripensare le decisioni fin qui portate avanti: San Donato non ha bisogno di uno stadio da 70mila posti; facciamo in modo che le due squadre milanesi possano recuperare il tempo perso e possano riappropriarsi di un San Siro riqualificato e rimesso in ordine, perché Milano (e il suo hinterland) uno stadio ce l’hanno già e si chiama Nuovo San Siro! Sempre pronto e disponibile al confronto, saluto cordialmente. 

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