ROMA «Pagheremo con il declino questa politica sull’immigrazione»

Una riflessione, dopo l’ultima tragedia in mare, sulla necessità di aprire canali di immigrazione legali, ampliare le buone pratiche di accoglienza e di accompagnamento alla piena cittadinanza

Pare che, il 26 febbraio scorso, dopo l’ennesima strage in mare, qualcuno abbia detto che le persone dovrebbero essere educate a chiedersi cosa possono fare per il posto in cui vivono e non prendere e partire in cerca di lidi migliori. Pare che qualcuno abbia obiettato dicendo che, se nonostante i rischi del viaggio e la possibilità di andare incontro alla morte, queste persone partono lo stesso, evidentemente ci sono condizioni di vita estreme che li spingono a cercarne altre migliori e che l’istinto di sopravvivenza è più forte della buona educazione. Pare che questa contrapposizione di pensiero abbia stimolato le menti degli statisti al governo e dato vita al colpo di genio in queste ore al vaglio delle Camere. Il pensiero deve per forza essere stato più complesso, ma così potrebbe essere sintetizzato: se esistono condizioni disumane che spingono le persone a partire (violazione dei diritti, limitazioni della libertà, prigionia) e se vogliamo che queste persone non trovino più vantaggiose le condizioni del nostro Paese, tutto quello che c’è da fare è riproporre, nei luoghi di arrivo, le stesse condizioni disumane di quelli di partenza! Quindi facciamo dei grossi centri di detenzione dove fermiamo, custodiamo, giudichiamo e condanniamo chi arriva. Tutto lì. Tutti lì. Niente accoglienza. Niente integrazione. Valutazione sommaria delle richieste di asilo. E tutti a casa. Loro.

Che pensiero e che strategia! Geniale. Con buona pace di più di vent’anni di buona accoglienza, di percorsi di integrazione. Con buona pace dei diritti umani. La soluzione quindi è: in nome della salvaguardia del Paese, della sua storia, della sua cultura e della sua civiltà, chiudiamo il più possibile i confini alle persone che cercano condizioni di vita migliori. E per farlo, apriamo le porte alla gestione dell’immigrazione poco civile che non accoglie ma imprigiona, che non integra ma segrega, che non garantisce i diritti ma li viola. Attenzione a cosa sia più pericoloso per la salvaguardia della nostra identità: accogliere o respingere? Garantire i diritti o violarli? Un paese in piena crisi demografica, con dati e statistiche che affermano la necessità di almeno 250.000 immigrati all’anno solo per mantenere gli attuali livelli di vita, produzione, stato sociale, può permettersi il lusso di una classe politica che ancora parla di emergenza, invasione, respingimenti, pericolo parlando di immigrazione? O invece avrebbe bisogno di aprire canali di immigrazione legali, di costruire percorsi di integrazione, di ampliare e diffondere le buone pratiche di accoglienza e accompagnamento alla piena cittadinanza?

Il cosiddetto decreto Cutro vuole cancellare con un colpo di spugna la buona accoglienza fatta di piccoli numeri, di dispositivi di integrazione, di lavoro con le comunità che accolgono e con le loro amministrazioni. I pochi irriducibili romantici che sognavano che la gestione dei profughi ucraini, con il rilascio di un permesso che da subito regolarizza la permanenza sul territorio nazionale e apre le porte alle possibilità di integrazione, fosse uno spartiacque per allargare poi questa strategia a tutti i richiedenti protezione, sono costretti a svegliarsi di nuovo a suon di hotspot, centri collettivi, procedure accelerate di frontiera e abolizione del permesso speciale. Ancora una volta la forbice tra chi fa, gli operatori dell’accoglienza, e chi dovrebbe pensare, le istituzioni, si allarga, ampliando la distanza tra chi prova a razzolare bene, nonostante chi predica male.

L’Italia è il Paese dell’arte ma purtroppo, davanti a opere di inestimabile accoglienza, sia spontanea che formale, ogni tanto qualcuno torna a scarabocchiare qualche procedura, più o meno scopiazzata, fatta di spesse linee spinate. E purtroppo pagheremo con il declino questa politica insulsa e ideologica.

Il Lodigiano

contro le discriminazioni

Lodi

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