«Rivediamo il numero minimo di alunni per salvare le nostre scuole»

Caro direttore, mi sento in dovere di elogiare pubblicamente questo quotidiano per la costante attenzione che riserva alla scuola, ai bambini e agli studenti. Avevo già scritto come la penso ma torno sull’argomento, questa volta anche nei panni del nonno e non solo del docente in pensione. Mi chiedevo in quale società dobbiamo vivere se vengono a mancare i presupposti sociali, i servizi fondamentali come l’istruzione e la cura dei più piccoli e aggiungo che è indispensabile tener conto della realtà del Lodigiano e della Bassa in particolare, una zona che nel 1965 era stata definita “economicamente depressa”. Sono passati quasi sessant’anni e abbiamo assistito all’abbandono delle cascine e delle case sparse in cui vivevano centinaia di famiglie che avevano una sola ricchezza: i bambini. Bambini che andavano a scuola a piedi da soli, dove trovavano una scuola riscaldata a legna, una maestra, una bidella. Nel Comune di Senna Lodigiana erano aperte in quegli anni ben quattro scuole elementari: nel capoluogo, a Mirabello, a Guzzafame e a Corte S. Andrea. Quelle Amministrazioni comunali non erano più ricche di quelle di oggi, in certi municipi c’erano solo un tavolo con tre sedie, tuttavia a Senna e a Orio veniva aperto anche un “centro di lettura” per gli studenti e un maestro si metteva a loro disposizione.

Oggi nessuno va a scuola a piedi se non per coprire poche centinaia di metri e diminuiscono i bambini, che sono la materia prima preziosa e indispensabile, ma proprio per questo da preservare e valorizzare più di prima. Come fare per scongiurare la decisione arrivata dall’alto che “salverebbe” i sindaci dalla responsabilità di non aver saputo tener aperta la scuola del paese? Semplicemente facendo pressione perché vengano rivisti, in deroga o meno, i numeri, che sono fermi da decenni, sorpassati da una società che corre, numeri che non tengono conto dei cambiamenti sociali in atto. La quota minima di 15 bambini per tener aperta una classe è oggi anti democratica, burocratica e ignorante in quanto ignora la realtà: è figlia di una politica che preferisce occuparsi di altro e lascia la scuola nelle mani della burocrazia, non sbrogliando le matasse intricate che la legano e danneggiano i piccoli utenti e le loro famiglie. Serve una vera politica che dirotti sulla scuola le tantissime risorse europee che inondano i municipi: servono più insegnanti fin dalla Scuola dell’Infanzia, che giustamente si chiama “scuola” perché educa e forma i primi fondamentali passi dei bimbi, l’entrata del bambino nella società che lo circonda. E a San Martino in Strada i piccoli dell’asilo devono avere riconosciuto il loro diritto di iniziare a diventare grandi nel loro paese e nella loro scuola, che è là che li aspetta. Dobbiamo far fronte comune, certamente, parlando attorno a un tavolo per una presa di posizione univoca: tutti quelli citati dal direttore e... anche i nonni, che a scuola ci vanno tutti i giorni per accompagnare i nipotini e provano sulle loro spalle parte del peso e della bellezza del ruolo educativo. Le classi vanno salvate tutte, anche quelle con 4 - 5 bambini: perché non accorpare la prima in una pluriclasse con la seconda?

I più grandicelli sarebbero ben felici di aiutare i loro amici più piccoli! Non voglio e non riesco a immaginare di vedere dei bambini di cinque e sei anni salire alle 7.15 su un pullman per andare a scuola percorrendo chilometri su strade trafficate e intasate, quando nel loro paese la scuola c’è, è stata messa in sicurezza, ha aule sistemate a nuovo e bagni moderni, è dotata di tutte le apparecchiature digitali. Una scuola dà ricchezza e vita ai nostri paesi che rischiano l’intorpidimento da post Covid: senza edicole, senza banche, senza negozi di prossimità e con bar che stentano a stare aperti. Cosa c’è di meglio per un cittadino, per un amministratore comunale che svegliarsi al mattino e sentire le grida dei ragazzini che vanno e vengono dalla scuola ?

RISPONDE IL DIRETTORE Lorenzo Rinaldi

Grazie del sostegno. In molti piccoli comuni della Bassa Lodigiana stanno scomparendo banche , bar, negozi... restano le scuole, mi chiedo ancora per quanto. E se muore anche la scuola, muore il paese perché le giovani famiglie se appena possono scappano e se ne vanno dove trovano i servizi. Come ho già avuto modo di dire, se gli iscritti alla classe prima sono 2-3 è inutile fare battaglie contro i mulini a vento, ma se i numeri sono anche un poco superiori, sebbene non si arrivi alla soglia minima fissata dai burocrati del Ministero, occorre che tutti si attivino per salvare le classi prime e farle partire. «il Cittadino» non si tirerà certo indietro nello stare al fianco dei sindaci coraggiosi. Quanto alla vicenda scandalosa di San Martino in Strada, al momento non ci sono novità positive ma il sindaco è fiducioso che attraverso l’interessamento della prefettura di Lodi si potrà sanare una situazione che ha del paradossale: ci sono tanti bambini e pochi docenti e il Ministero, in sintesi, ha detto alle famiglie dei bambini esclusi che la scuola dell’infanzia non è scuola dell’obbligo ... Siamo tornati indietro di cinquant’anni.

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