«Quasi 200 ciclisti uccisi dagli automobilisti: una strage silenziosa che non fa notizia»

La lettera di Graziano Majavacchi di Casalpusterlengo

I dati ufficiali elaborati dall’osservatorio CICLISTI ASAPS- SAPIDATA parlano chiaro, senza ombra di dubbio: nel 2023, sulle nostre strade, sono state 197 le vittime in bicicletta. Dati terribili e parziali che non tengono conto dei feriti gravi che non riescono poi a sopravvivere. E, nelle prime 3 settimane di Gennaio 2024 sono già 16 i morti tra gli utenti delle due ruote non motorizzate. Se il buongiorno si vede dal mattino...

Sono le cifre di una strage annuale, ripetuta, che rimarcano, ancora una volta, come questo grave problema sia ben lungi dall’ essere risolto o perlomeno ridotto. Si muore più qui, nel nostro bel Paese (senza contare le migliaia di feriti, circa 18.000 in un anno), sulle nostre strade, che in tutto il resto d’Europa. Anche se il trend è in leggerissima discesa rispetto al biennio 21/22, con rispettivamente 229 e 205 morti. Siamo ancora dentro una situazione assolutamente inaccettabile per un paese civile. Lombardia (39) ed Emilia Romagna (29) sono le due regioni con il maggior numero di decessi.

Una strage silenziosa che sembra interessare l’opinione pubblica soltanto quando la vittima è un ciclista professionista o un personaggio famoso ma poi, dopo pochi giorni di “can can” mediatico, tutto ritorna come prima.

Si muore soprattutto nelle città, nelle ore notturne, ma in nessun altro luogo, il ciclista che pedala è al sicuro. La domanda sorge spontanea - “perché?” - e la risposta... purtroppo non c’è. Il dibattito è in corso da decenni ormai, ma sintetizzando potrebbero bastare poche parole: mancanza della cultura del rispetto. Delle regole, di noi stessi e degli altri. Meno furbizia, più senso civico, basterebbero a far migliorare immediatamente le cose in questa, è proprio il caso di dirlo, “valle di lacrime”.

Negli ultimi anni qualcosa s’è mosso anche a livello politico, con una presa di coscienza del problema, vari provvedimenti, corsie preferenziali, distanza di sorpasso 1,5 metri, ciclabili ecc. ecc. Adesso anche con l’introduzione del limite di velocità per i veicoli a 30 km/h in città, che sta creando polemiche infinite ancora prima di vederne gli effetti.

Sulle nostre strade è, come tutti sanno, una vera e propria giungla, dove vige la legge del più forte. E allora il consiglio è sempre lo stesso: per chi usa la bici è d’obbligo farsi vedere il più possibile, luci a go go, abbigliamento colorato e fosforescente, testa alta, mano sui freni, strade a basso traffico veicolare, ciclabili. E tanta, tantissima prudenza, perché se un’ auto mi sbalza a terra, con conseguenze da valutare in ospedale, avere ragione non è la prima cosa che mi passa per la mente.

È veramente incredibile vedere, in sella alla bici, il comportamento di certi automobilisti; sembra di essere in un film dell’orrore dove tu ti senti (e lo sei, in effetti) la preda sacrificale. E perdere qualche secondo, in auto, non sarà poi la fine del mondo, mentre per chi viene travolto e cade dalla bicicletta, in molti casi, lo è, per sempre! Senza contare che i ruoli possono invertirsi e allora conviene a tutti darsi una bella regolata, una volta per sempre. E... rallentiamo un po’, per favore!

Graziano Majavacchi

Casalpusterlengo

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