«Maltempo: usiamo le lanche lodigiane, oggi a rischio, come vasche di laminazione»

Il contributo di Ferruccio Pallavera

Illustre direttore,

in quest’ultima ondata di maltempo che sta sconvolgendo l’Italia, in particolare il Veneto, a colpirmi è stata una dichiarazione del governatore Luca Zaia. Ha affermato che se non ci fossero state le vasche di laminazione Vicenza sarebbe finita sott’acqua, con un disastro simile a quello provocato dalla tempesta Vaia. Il governatore ha ribadito più volte che è stato solo alle opere realizzate nel suo territorio che Vicenza si è salvata dall’ultima ondata di maltempo. Altrettanto pare sia avvenuto con il Seveso: una parte di Milano non è finita sott’acqua per una serie di lavori idraulici entrati finalmente in funzione.

Altri territori si stanno muovendo, individuando bacini di laminazione in grado di accogliere l’acqua delle piene dei fiumi. E nel Lodigiano?

Più grandi sono le vasche, più acqua riescono a contenere. Ma più costano. Realizzarle ex novo avrebbe una spesa considerevole.

Il Lodigiano ha però una fortuna considerevole: la presenza di un alto numero di lanche, in particolare lungo il corso dell’Adda, che potrebbero essere utilizzate allo scopo. Penso, ad esempio, al vasto Mortone che si estende nelle terre golenali di Zelo Buon Persico, alla Morta del Principe, all’Adda Morta di Cavenago, alla Lanca della Rotta di Castiglione. E penso alla Lanca di Soltarico, caratterizzata da sei chilometri di acqua ferma.

Molte di queste “Morte” si stanno irreversibilmente interrando, e con esse stiamo perdendo un patrimonio di fauna e di flora irripetibile. L’Adda Morta di Cavenago è lì da vedere, quasi del tutto tappata: dentro di essa scorre un rigagnolo d’acqua. La Lanca di Soltarico ha già perso a monte (anche a causa di interventi maldestri realizzati a suo tempo dal magistrato per il Po) due chilometri d’acqua.

E allora: perché non progettare alcuni interventi idraulici, finalizzati a rivitalizzare queste antiche lanche, da usare per l’occasione in vasche di laminazione? Occorre un progetto che unisca ai crismi della funzionalità la massima attenzione per il rispetto della natura: il materiale che ormai ostruisce parte delle “Morte” dovrebbe essere accumulato al centro delle stesse, realizzando isolotti per ricreare l’ambiente umido necessario alla sopravvivenza delle specie che una volta nidificavano sul posto.

Nel giro di vent’anni la fauna delle lanche si è dimezzata. Tante specie di uccelli hanno smesso di nidificare. Due estati caratterizzate dalla siccità – quelle del 2023 e in particolare la terribile del 2022 – hanno fatto trasferire altrove la stragrande maggioranza dell’avifauna che le caratterizzava. Rivitalizzare le “Morte” potrebbe salvare una situazione indirizzata alla perdita irreversibile di un ambiente naturale più unico che raro.

Non è la prima volta che affronto questi argomenti sulle pagine del “Cittadino”. In passato non ho avuto risposte. Lo ripresento alla luce di quanto si è registrato a Vicenza, salvata dal disastro grazie alle vasche di laminazione. Torno a ripetere: …e il Lodigiano…?

Grazie per l’attenzione.

Ferruccio Pallavera

Cavenago d’Adda

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