LODI «I cantieri “verdi” responsabili del maggior consumo di suolo»

La lettera del professor Innocenti sulla logistica nel territorio e in Lombardia

A commento dell’articolo apparso sul “Cittadino” del 31 gennaio, dal titolo “I cantieri verdi creano lavoro, gli esempi di Lodi e Turano”, firmato da Andrea Poggio.

Oggi in Italia tutti gli edifici di nuova costruzione realizzati negli ultimi anni sono costruiti seguendo precisi criteri di efficienza energetica, sia perché lo impongono numerose direttive, norme e regolamenti (in Lombardia tutti gli edifici costruiti a partire da gennaio 2016 devono essere certificati NZEB ovvero a consumi energetici quasi zero), sia perché la domanda di mercato spinge in quella direzione.

Nel settore delle costruzioni, sono proprio i segmenti che richiedono più energia nella loro gestione quelli che spingono verso gli obiettivi più ambiziosi e performanti: i grandi palazzi del terziario direzionale, i contenitori del commercio al dettaglio, i capannoni della logistica. Tanto che ormai non esiste nuovo intervento che non sia certificato con standard e protocolli ambientali internazionali, sia in fase di costruzione che di gestione.

Se osserviamo la parte attualmente più dinamica del mercato immobiliare, quello della logistica, anche nel territorio lodigiano scopriamo che oltre a registrare una crescita con percentuali a doppia cifra, essa presenta un profilo profondamente mutato nel sistema degli attori.

Si sono imposti i grandi gruppi internazionali specializzati nell’acquisto di terreni agricoli e costruzione di capannoni “chiavi in mano” di maggiore qualità rispetto all’esistente, da offrire poi agli operatori logistici specializzati, dalla GDO, all’alimentare, alla farmaceutica, all’e-commerce.

Questo ha delle ragioni innanzitutto economiche: gestire e mantenere un edificio ad alte prestazioni, nell’involucro edilizio e negli impianti e con elevati livelli di automazione nella gestione del magazzino, richiede maggiori investimenti iniziali.

Essi verranno però ampiamente ripagati in fase di esercizio e nel ciclo di vita dell’edificio, perché consentono di comprimere una delle principali voci di spesa: l’approvvigionamento energetico. È quello che serve a riscaldare, raffrescare, illuminare, ventilare, refrigerare, alimentare i sistemi di movimentazione e controllo delle merci, il tutto contenuto in un edificio di taglia extra large, che ormai supera ampiamente la soglia del milione di metri cubi.

Se oggi quindi la domanda si orienta verso capannoni sempre più estesi, più alti e più performanti, lo sviluppatore immobiliare va alla ricerca di nuove opportunità insediative (e nuovi suoli da consumare) in zone sempre più periferiche, dove i terreni edificabili costano meno.

In Lombardia questo sta producendo effetti territoriali importanti.

Il primo è l’incremento della dispersione insediativa negli ambiti suburbani e rurali delle province di cintura (il Pavese, il Lodigiano) e lungo i principali corridoi infrastrutturali. L’83% dei poli logistici oggi grava su comuni con meno di 10 mila abitanti, concentrandosi soprattutto in quelli di 5-3 mila abitanti (dato CRCS).

Il secondo è la contrazione del mercato dell’usato, composto da numerosi immobili abbandonati o sottoutilizzati (oggi le aree dismesse in Lombardia coprono oltre 5.000 ettari), considerati inadeguati rispetto agli standard richiesti dal mercato e spesso gravati da costi supplementari per demolizioni, bonifiche, oneri finanziari, che contribuiscono a rendere i procedimenti amministrativi lunghi, complicati e dagli esiti incerti.

A corollario, la sovrabbondante offerta di aree di espansione per funzioni produttive contenute nei piani urbanistici anche nei comuni più piccoli e remoti che alimenta la competizione tra i campanili per accaparrarsi l’investimento logistico. Con tutto ciò che porta ma soprattutto promette: l’indotto in fase di cantiere per le imprese locali, i nuovi posti di lavoro nei magazzini e la speranza che si traducano anche in nuovi residenti, gli oneri di urbanizzazione ordinari, le opere pubbliche aggiuntive, le compensazioni, le nuove entrate fiscali (IMU e TARI). Ma che troppo spesso si rivelano operazioni urbanistiche di scarso valore aggiunto e dove i decisori istituzionali (Comuni, Province e in alcuni casi la stessa Regione) ritengono che il prezzo da pagare per garantire che l’investimento si concluda sia quello di rinunciare a programmare, a valutare, a pianificare. In sintesi, a governare.

Agli operatori logistici non importa se per raggiungere i capannoni, i mezzi pesanti saranno costretti a percorrere strade già fortemente congestionate (come nel caso della DHL di Borgo SG, la “furba e lungimirante”) oppure trasformare piccole strade provinciali di campagna in camionabili. Agli sviluppatori immobiliari non importa neppure se l’investimento economico e finanziario in fase di negoziazione dovrà prevedere il pagamento di qualche dazio straordinario. Quasi sempre sono le compensazioni aggiuntive e milionarie da offrire ai comuni, con le solite opere pubbliche a servizio del nuovo insediamento: rotatorie, bretelle, circonvallazioni. Ma non mancano le richieste più “smart”: nuove piste ciclabili per le gite fuori porta domenicali, tra le cascine in mezzo alla campagna; “gallerie d’arte” che impiegano come tele gli ettari di pareti verticali dei capannoni, progettati applicando “le neuroscienze all’architettura” (Prologis Park di Somaglia). Per arrivare alla richiesta di utilizzare una quota dei pannelli fotovoltaici posti in copertura di capannoni in fase di costruzione (Livraga, insediamento AKNO) per produrre energia pulita anche per le comunità energetiche rinnovabili e solidali locali.

Paradossalmente, sono proprio questi cantieri verdi, anzi i più verdissimi di tutti, quelli che costruiscono i magazzini per la supply chain e le opere infrastrutturali connesse, i principali responsabili del consumo di suolo nel Lodigiano e il problema della sostenibilità si pone sul modello insediativo perseguito e in ciascun insediamento, che non può essere ricondotta solo alla qualità del singolo manufatto edilizio.

Il Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo (ne fanno parte il dipartimento DAStU del Politecnico di Milano, l’Istituto nazionale di urbanistica e Legambiente) nel suo ultimo rapporto annuale ha pure evidenziato la fortissima polarizzazione del comparto proprio nella regione logistica che gravita su Milano, dove in un solo anno (2020) ha consumato suoli agricoli e naturali per ben 460 mila mq.

D’altronde, anche i protagonisti della GDO commerciale sono ormai da anni impegnati a costruire supermercati all’avanguardia nella gestione efficiente (risparmiosa) dei flussi e dei consumi energetici: involucro ad alto rendimento, controllo automatizzato dell’illuminazione (a led) , della climatizzazione interna e delle centrali frigorifere full green. Persino la distribuzione della spesa a domicilio (la logistica urbana) tra qualche mese avverrà impiegando furgoni elettrici.

Ma non è certo per impedire l’apertura di un cantiere verde per la costruzione di un edificio alleato del Clima (“zero combustione, zero gas, zero inquinamento”), pure incollato al nodo di interscambio ferro-gomma del trasporto pubblico e a due passi dal centro storico pedonalizzato, che i comitati e le associazioni ambientaliste locali hanno portato gli atti amministrativi del Comune di Lodi in tribunale.

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