«La Provincia ha obiettivi ambiziosi
ma fino ad oggi ha fallito»

La lettera di Osvaldo Folli

Caro direttore,

mentre si vanno affievolendo gli echi della Conferenza sul clima di Sharm el Sheik, che non sembra aver soddisfatto pienamente le aspettative soprattutto dei paesi in via di sviluppo, nel nostro minuscolo territorio si continua a discutere di problemi ambientali.

Intanto, possiamo chiederci di quale questione ambientale stiamo parlando. Per la Provincia di Lodi, con la recente presentazione delle linee guida aggiornate del nuovo strumento urbanistico provinciale, si tratta di puntare l’attenzione in diverse direzioni (de-carbonizzazione, emissioni zero, mobilità dolce, tutela del verde, dell’ambiente e del paesaggio), ma con l’unico obiettivo della sostenibilità, da raggiungere con un nuovo approccio verso queste tematiche per arrivare a un territorio provinciale pienamente sostenibile.

La speranza di tutti è che gli effetti di questo nuovo piano che, fra l’altro, sarà presentato e approvato (forse) entro il 2023, siano più efficaci del precedente adottato diciassette anni fa.

In effetti, visti i risultati molto deludenti fin qui registrati soprattutto nel governo degli insediamenti logistici e commerciali, che sono la causa primaria del maggiore consumo di suolo, al netto di pregiudizi più o meno giustificati, qualche dubbio ci sembra più che lecito esprimerlo. Dagli ultimi interventi puntualmente registrati da questo giornale, mi sembra che tali perplessità siano fra l’altro abbastanza condivise. Anche il presidente regionale Attilio Fontana, riferendosi al nostro comparto agroalimentare, ha sostenuto recentemente la «necessità di intervenire immediatamente con azioni finalizzate a ridurre le conseguenze di scelte poco green sull’ambiente». E come mettere in pratica queste raccomandazioni se non limitando il consumo di fertile terreno agricolo che, ancora pochi lustri fa, faceva del lodigiano la “California italiana”? Secondo Antonio Boselli, ex presidente di Confagricoltura, che ha parlato recentemente all’Unitre di Lodi, non c’è che una via: difendersi dalle logistiche recuperando capannoni dismessi e preservare il suolo dalla creazione di nuove strade che violentano il territorio. Parole pronunciate mentre prendevano il via i cantieri della quarta corsia dell’A1, un maxi progetto da 240 milioni destinato a stravolgere centinaia di ettari di fertile terreno fra il casello di Lodi fino allo svincolo della tangenziale ovest. E, ancora, mentre si completava il raddoppio della logistica Dhl a Borgo San Giovanni (da 72 mila a 140 mila metri quadrati - foto) e si veniva a conoscenza di una richiesta di un altro ampliamento (una delle tante decine di questo tipo depositate in provincia) da parte della Innocenti Depositi (il grande capannone a strisce colorate visibile dalla tangenziale) che ha chiesto di allargarsi di oltre 10 mila metri quadrati su un terreno agricolo adiacente. Si dirà che tutto ciò è il prezzo da pagare alla modernità, causato dai nostri stili di vita e di consumo. Su quest’ultimo punto mi permetto di dissentire. Non si riesce a comprendere perché un territorio come il nostro con poco più di 200 mila abitanti, ancora prevalentemente a vocazione agricola (nonostante si stiano sviluppando promettenti filiere nella farmaceutica e nella chimica, come illustrato nel supplemento Top200 pubblicato dal Cittadino), ospitando sul proprio territorio centinaia di logistiche, debba sostenere ingentissimi oneri ambientali che vanno a favore di milioni di persone che con il nostro territorio nulla hanno da spartire. Riducendo obiettivi come la tutela del verde, dell’ambiente e del paesaggio a meri messaggi retorici vuoti di contenuti.

Tutto ciò sarà anche un ragionamento semplicistico ma mi ricorda tanto l’antica ballata degli anni Sessanta che parla di fiori da mettere nei cannoni: non è per i soldi che mi lamento, ma questa gioventù c’avrei giurato che mi avrebbe dato di più.

Osvaldo Folli

Lodi

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