La fame nel mondo è tornata a crescere dal 2015

La lettera di Antonio Boselli

Caro Direttore,
volevo condividere con te e con i lettori del «Cittadino» alcune considerazioni sul ruolo dell’agricoltura, visto l’importanza dedicata anche dalla Cop 28 di Dubai, che si sta concludendo in questi giorni . Resto sempre un po’ confuso quando invece di vedere rimarcato lo scopo principale del nostro lavoro, fornire cibo sano, sicuro, sufficiente e a un prezzo ragionevole, sento fare discorsi sulla sovranità alimentare, o vedo delle normative europee che pretendono di trasformarci in un bel giardino, con una drastica riduzione nell’uso dei fertilizzanti, dei diserbi e dei presidi fitosanitari (mi rifiuto di chiamarli pesticidi), con l’obbligo di arrivare a un 25% di coltivazione biologica, senza valutare appieno le conseguenze di queste politiche sul futuro delle nostre produzioni europee.

Essere sempre posti sul banco degli imputati come inquinatori o avvelenatori dell’ambiente e dei consumatori, o essere considerati come chi spreca l’acqua, dimenticandosi che le nostre piante usano solo quella che serve per la loro crescita, il resto ritorna in falda, non rende giustizia al nostro lavoro quotidiano.

Ma vorrei allargare lo sguardo non solo sull’agricoltura italiana, europea, ma su un piano più globale, perché mi considero un agricoltore e un allevatore come le centinaia di milioni di agricoltori sparsi per il mondo. E volevo partire da questo grafico (primo grafico), basato su dati FAO, dove si vede che fino al 2015 le persone che soffrono la fame nel mondo sono in costante calo, ma da quella data inizia una inesorabile salita. 2015 è l’anno dell’Expo di Milano, doveva essere una ottima occasione per parlare di agricoltura del futuro, ma è stata sprecata o quantomeno poco considerata , e si è parlato molto più di cibo. Stiamo facendo il possibile per invertire questa tendenza?

Mi aiuto con un altro grafico molto interessante (secondo grafico), sempre della Fao, per ulteriori considerazioni. Questo grafico ha un arco temporale più ampio dal 1961 al 2021, e il 1961 è considerato il punto di inizio dei dati. Si può subito notare come i terreni destinati all’agricoltura sono aumentati solo del 14% negli ultimi 60 anni, ci sono state sia deforestazioni ma anche cementificazioni di importanti aree (vedi Italia) ; in questi ultimi anni i terreni sono più soggetti ai cambiamenti del clima, con siccità e inondazioni, la globalizzazione ha interessato anche gli insetti nocivi per le coltivazioni e le fitopatie, vedi diabrotica per il mais o la xylella per gli ulivi, con pesanti conseguenze sulle produzioni. La popolazione in questi anni è più che raddoppiata e le previsioni al 2050 parlano di 10 miliardi di abitanti.

L’agricoltura ha fatto la sua parte aumentando le produzioni per ettaro, cercando di mantenere il passo della crescita della popolazione (ancora di più per il traguardo del 2050), grazie alla disponibilità di fertilizzanti, di fitoprotettori e di diserbi, al sempre miglior uso della genetica e con una meccanizzazione che ha alleviato il lavoro manuale. Certo nei primi anni 60 e 70 si è ricorsi ad un uso massiccio della chimica, con prodotti, se usati in maniera inappropriata, dannosi per la salute degli agricoltori e dei consumatori. Dagli anni 90 si è passati a un uso più mirato della chimica e la conservazione dell’ambiente ha avuto una sensibilità sempre più crescente dagli anni 2000. Devo fornire una breve spiegazione sui kilogrammi di cereale a disposizione, utilizzati sia direttamente come alimento umano sia come alimento zootecnico, perché si tratta di una media, come i polli di Trilussa, chi ne dispone di tanti (o troppi ) e chi pochissimi (o quasi niente).

In questi ultimi anni è aumentata la consapevolezza di dover produrre in maniera sempre più sostenibile per proteggere l’ambiente, dobbiamo avere una agricoltura e una zootecnia che continui a diminuire gli input produttivi (lo stiamo concretizzando in maniera significativa nell’uso degli antibiotici, dei diserbi, dei prodotti fitosanitari, con riduzione nell’ordine del 20/30% , negli ultimi 10 anni), un uso sempre più mirato della risorsa idrica, una innovazione genetica con una forte spinta data dalle nuove tecniche di evoluzione assistita (TEA), una meccanizzazione sempre più precisa e meno impattante.

Ricerca e innovazione sono state e sempre saranno i motori di questa evoluzione della agricoltura, perché l’obiettivo, e non lo dice Antonio Boselli, agricoltore ed ex presidente di Confagricoltura Mi-Lo-Mb, ma la FAO , è quella di una intensificazione sostenibile dei sistemi agricoli .

Occorrerà integrare ai classici prodotti della agricoltura il cosiddetto cibo “ sintetico”? Oggi non mi so dare una risposta certa e sicura, mi lascia molto amareggiato come viene trattato questo argomento. Sentire parlare di cibo “ Frankestein” (come gli OGM, oggi largamente usati), o di futuro cibo per i poveri, svilisce i gravi problemi di fame che condizionano centinaia di milioni di persone. È ingiusto demonizzare una ricerca, che va sicuramente monitorata e vigilata, ma che può portare a risultati importanti. Dipende poi, come sempre, dall’uomo come utilizza le nuove scoperte. Pensiamo alla dinamite, ideata da Nobel, che può passare da strumento di progresso a uno di morte e distruzione.

Non pensiamo che il futuro sostenibile del pianeta sia solo nelle mani di pochi governanti che prendono decisioni per tutti, ma sta anche nelle scelte di ciascuno di noi. Possiamo agire in maniera più consapevole (quanto cibo buttiamo, quanto abusiamo nell’utilizzo dell’aria condizionata o del riscaldamento), avere uno stile di vita più sobrio e dare un importante, anche se ci sembra piccolo, contributo per un futuro migliore.

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