«In Qatar muoiono i nuovi schiavi, anche in Italia la situazione è grave»

L’intervento del dottor Giuseppe Leocata

Sono iniziati i mondiali di calcio in Qatar, i tifosi di tutto il mondo staranno incollati al televisore per guardare le loro squadre e in molti andranno anche a rimpinguare le casse del Qatar. Ma quanti riflettono su coloro che non ci sono più? Dal 2010 al 2020 sono morti 6.500 lavoratori, i nuovi schiavi, impiegati nelle costruzioni legate ai mondiali.

Ma veniamo al nostro Paese con alcune narrazioni inerenti il 2021 e il 2022. Il Ministro del Lavoro del precedente governo aveva annunciato interventi nella logistica, sull’organico degli ispettori, nell’edilizia, nell’estensione della copertura assicurativa a categorie di lavoratori dipendenti e autonomi (oggi esclusi) e sull’intero versante della sicurezza.

Il Presidente dell’Inail nel 2021 ha dichiarato: “Le norme ci sono e vanno rispettate. È necessario un impegno forte e deciso di tutti per realizzare un vero e proprio patto per la sicurezza tra istituzioni e parti sociali. Coinvolgere gli attori del sistema nazionale di prevenzione, rafforzare i controlli (l’86% delle imprese controllate risulta irregolare), promuovere una maggiore sensibilizzazione di lavoratori e imprese, potenziare la formazione e l’informazione per costruire una cultura della sicurezza, a partire dalla scuola, dare sostegno economico alle aziende”.

La diocesi di Prato, a seguito dell’infortunio mortale di Luana D’Orazio, ha parlato di “destrutturazione del lavoro dettata dalla crisi, continua riduzione dei costi, de-professionalizzazione, mala-formazione, individualizzazione”. Soprattutto nelle piccole e medie imprese spesso c’è trascuratezza: le normative in materia di sicurezza vengono viste come un onere e un costo da ridurre, non un investimento.

La scuola e la cattiva gestione dell’alternanza hanno portato alla morte di Lorenzo Parelli, giovane studente all’ultimo giorno di alternanza a Udine. La scuola non può essere estranea alla comprensione che il lavoro assume in una società complessa, il lavoro è come uno “sfondo integratore” fra i saperi e perno del processo educativo.

A Milano, El Houssaine Foullous, marocchino di 51 anni, è morto cadendo da circa 20 metri. Lavorava a una facciata quando è caduto. Egli era sospeso in aria e si sarebbe agganciato alla corda sbagliata. Sembra che il lavoro rientrasse nel superbonus del 110% ma non si trovavano più ponteggi e l’impresa è ricorsa al “lavoro in fune”…

Sempre a Milano, dopo due settimane di agonia il 28 settembre è morto in ospedale Mohamed Abdelwhap Said Aboogoda, egiziano 31enne, era rimasto schiacciato da un pantografo elevatore in un cantiere. Per diversi giorni nessuno ne conosceva l’identità. Lavorava in subappalto per una piccola impresa. È stato vittima della “cessione di identità”, lavorava con il tesserino di un altro lavoratore senza alcun controllo. Stranieri in regola, per consentire ad altri senza permesso di soggiorno di lavorare nei cantieri, cedono il proprio badge in cambio del versamento di una parte dei guadagni.

In Italia abbiamo 405 siti di caporalato, 194 nel mezzogiorno e il resto in tutta Italia - Agromafie 2022.

Da vecchio medico del lavoro mi domando dove è finita la classe operaia di una volta, la “soggettività operaia” e la solidarietà tra i lavoratori. Il sistema ha preso tanti per fame e governa indisturbato e non curante della vita e della salute degli esseri umani.

Il sindacato sembra non riesca più a gestire le questioni di igiene e sicurezza del lavoro e quelle salariali negli ambienti di lavoro (altro che “patente a punti” per le imprese per risolvere la problematica!), forse bisogna riconquistare le piazze (non virtuali) e ancor di più le periferie.

I lavoratori sembrano aver perso l’orientamento e la capacità di mettersi insieme per un cambiamento (pensiamo alle fabbriche di morte di cui non si parla: Ilva di Taranto e le produttrici di armi fiorenti in Italia).

Un altro problema è quello della formazione. Gran parte degli infortuni gravi sono dovuti a mancata valutazione del rischio e alla mancata formazione. Esiste, poi, un falso mercato della formazione con soggetti che danno certificazioni senza fare i corsi e società che lucrano vendendo corsi in una logica di massimo profitto.

Nell’ambito degli organi di vigilanza delle ATS agiscono molti bravi e attenti operatori, ma sembra che siano lasciati da soli in strutture “residuali”, nella quasi assenza dell’attenzione generale al loro ruolo cruciale, senza una strategia nazionale e unitaria sui compiti e le attività di questi Servizi e senza una visione di insieme della realtà e una reale programmazione. Alle nuove generazioni di medici del lavoro e di tecnici della prevenzione non è stata tramandata la memoria storica dagli anziani ( i cosiddetti rivoluzionari) ed in alcuni casi questi ultimi hanno divorato i figli per non essere spodestati (si legga il mio di Urano).

I medici del lavoro in tanti casi non riescono a fare il salto di qualità per essere più figure gestionali per la salute in azienda e spesso rimangono prigionieri di “gare al ribasso” nell’ambito di visitifici, senza potersi occupare dei rischi e delle misure per eliminarli/ridurli.

Il numero dei morti sul lavoro nel nostro Paese quest’anno è rilevante, tuttavia di questi ci si dimentica già qualche giorno dopo l’accaduto e fino ad un nuovo evento ma senza che nessuno si muova per creare un movimento efficace per cercare di ribaltare questa tragica realtà. In merito ai migranti, serpeggia nella società il pensiero che questi esseri umani sono un “carico residuale”. Pensiamo, soltanto ad esempio, ai lavoratori edili che vengono avviati a lavori pericolosi senza opportuna formazione e non sufficientemente in sicurezza (quelli migranti spesso assunti in nero e ai quali vengono poi assegnati in linea di massima i lavori più pesanti: “3D” “Dirty, Dangerous, Difficult”) e a colf e badanti anch’esse poco edotte sui rischi del lavoro (quanti datori di lavoro provvedono a garantire a queste figure opportuni corsi di formazione su igiene e sicurezza nel lavoro domestico?).

Gli italiani dove sono finiti? si muoveranno, forse, soltanto quando i problemi e la povertà toccherà loro più profondamente? Non possiamo pensare che con le sole normative più o meno stringenti e più o meno bizantine si possa cambiare la realtà; queste da sole non sono mai state sufficienti a cambiare la realtà senza una cultura a monte di queste e vissuta e difesa quotidianamente dalla popolazione generale.

La vita e la salute di un lavoratore, di ogni lavoratore, non possono essere ostaggio della fatalità e neppure della nostra stessa imperfezione di esseri umani. Il criterio primario nell’organizzazione di ogni impresa e di ogni attività economica, dev’essere la sicurezza dei lavoratori. Molto, molto prima dell’efficienza e della redditività.

Giuseppe Leocata

Medico Chirurgo – Specialista in Medicina del Lavoro

Lodi

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