«Il Pd deve rifondare metodi e pratiche di selezione della classe dirigente»

La linea del Partito Democratico è molto chiara. Non si può più rinviare un discorso di verità sul partito nuovo. Troppe volte promesso e mai realizzato. Nessuna lezione dal Movimento 5 Stelle che ancora deve render conto di un numero di cambi casacca senza eguali. Dopo di che, se per anni si accetta l’idea che il partito organizzato, finanziato e partecipato non serva più perché a contare sono solo gli eletti nelle istituzioni con la loro dote di relazioni e voti, la conseguenza per la sinistra, è smarrire l’anima, smarrire il senso di appartenenza, la vera forza che rende un Partito, credibile. A quel punto può accadere, ed è già accaduto, che la conquista e il mantenimento di un posto, diventa lo scopo da perseguire con ogni mezzo, compreso il peggior trasformismo. E dobbiamo dire che, questa “pratica”, la troviamo anche qui, nel Lodigiano, da decenni. Per il rispetto dovuto a migliaia di militanti ed elettori la priorità è rifondare metodi e pratiche nella selezione delle classi dirigenti. Non lasciare spazi al trasformismo. Ricostruire un’idea di partito dove il primo anticorpo contro fenomeni di malcostume, a partire dallo scambio tra voti e favori, siano una partecipazione e una intensa vita democratica. I militanti siano le nostre antenne. Esattamente ciò che molti non hanno voluto fare negli anni alle spalle. C’è qualcosa che viene prima del consenso. Ed è il buonsenso.

*Promessa Democratica

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