«Espansione della logistica: è necessario fermarsi e ragionare insieme dove collocarla»

L’intervento di Legambiente dopo le parole del sindaco di San Martino con il commento del direttore Lorenzo Rinaldi

“Nuove logistiche, fermiamoci e ragioniamo insieme” è stato l’appello del sindaco di San Martino in Strada, Andrea Torza, l’8 agosto scorso. Legambiente chiede ora, al rientro dal periodo feriale, che l’appello venga ripreso e che la Provincia e tutti i Comuni abbraccino la proposta per tradurre la richiesta in precisi e vincolanti strumenti urbanistici da prevedere nel nuovo Piano Territoriale.

L’ultimo rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul consumo di suolo attesta che nel solo 2021 ben 9.543 ettari di terra sono state cementate o asfaltate in Provincia di Lodi, con una crescita del 44% rispetto all’anno precedente, quello del lockdown.

L’obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU prevede invece l’azzeramento del consumo di suolo connesso alla fine della crescita demografica: quindi dovremmo già ora “restituire” alla natura (foreste) o all’agricoltura sostenibile quasi 10 mila ettari di troppo. Gli edifici (e i capannoni) rappresentano solo il 25% delle cause di occupazione di suolo: la gran parte è causato da parcheggi, strade, raccordi, rotatorie e svincoli richiesti proprio dai trasporti e dai camion dei nuovi centri logistici.

Ecco perché è particolarmente importante non lasciar fare le scelte alla speculazione immobiliare e pretendere che la nuova logistica sia legata solo a scelte imprenditoriali serie e lungimiranti. Per questa ragione chiediamo che i nuovi insediamenti siano concentrati esclusivamente vicino ai nodi ferroviari oppure in aree dismesse già dotate di raccordi ferroviari, come ad esempio a Casalpusterlengo, Codogno, o l’area ex Gulf di Bertonico. I collegamenti ferroviari, se non ci sono, devono essere previsti, anche perché in futuro i trasporti dovranno divenire sempre più elettrici e a zero emissioni (i camion con motori a combustione non potranno più essere venduti in Europa dopo il 2040).

Oggi la logistica sta cambiando, come sta già accadendo nelle più importanti aree interportuali di Piacenza, Busto-Gallarate, Mortara: non si basa più sulla speculazione immobiliare, non affitta più capannoni vuoti, ma prevede insediamenti fortemente infrastrutturati (interporti, interscambio ferro-gomma, raccolta e depurazione acque, rinnovabili e colonnine di ricarica…).

Nei nuovi poli logistici non speculativi si insediano in genere imprese “capital intensive” che provvedono anche alla trasformazione delle merci per la distribuzione e il mercato finale. Ecco perché non ha senso la polverizzazione degli insediamenti in tutto il territorio ed è richiesto un accordo tra i comuni per condividere opportunità e compensare gli impatti territoriali della nuova logistica.

I poli logistici vanno considerati come le centrali elettriche di Tavazzano o Bertonico: vanno previste convenzioni che riguardano la Provincia e tutti i comuni su cui gravitano le conseguenze dell’insediamento, compreso il traffico indotto dai camion e l’inquinamento che provocano. Come per le centrali, devono essere previsti piani di progressiva riduzione degli impatti, sino alle emissioni zero entro il 2040-2050, perché allora tutto il trasporto dovrà essere elettrico e rinnovabile.

Circolo Legambiente LodiVerde

Lodi

La proposta del sindaco di San Martino in Strada, avanzata attraverso le pagine del «Cittadino», era ragionevole e di buon senso. Temo rimanga tale, perché l’esperienza degli ultimi tre decenni nel Lodigiano (non mi spingo oltre) ci ha insegnato che la pianificazione urbanistica viene definita dagli interessi economici. Altrimenti non si spiegano le tante cattedrali nel deserto, come il capannone di Caselle Landi, in mezzo ai campi, oppure il raddoppio della gigantesca logistica Dhl di Borgo San Giovanni, che si è mangiata - e si sta ancora mangiando con l’ampliamento - terreno fertile che veniva coltivato. Stiamo letteralmente coprendo il Lodigiano di cemento e asfalto e non tanto perché il nostro territorio ne abbia bisogno (i dati della crescita della popolazione, delle imprese e del Pil non lo giustificano con questo ritmo e le aree dismesse da recuperare abbondano), quanto perché Milano non ha più spazio per le logistiche e dunque le sta esportando nei territori vicini, che sono piccoli e non hanno voce. È un quadro triste e disarmante, ne sono consapevole, ma è quanto ho raccontato da semplice cronista dagli inizi degli anni Duemila. Non vedo francamente una inversione di tendenza.

Lorenzo Rinaldi

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