Continua la “strage silenziosa” dei ciclisti:
le 10 regole del Ct della Nazionale

Una riflessione di Graziano Majavacchi

Nel nostro bel paese andare in bicicletta, oltre che bello e salutare è, purtroppo, un vero e proprio azzardo. Non si tratta di una opinione personale ma un dato di fatto oggettivo, suffragato da statistiche ufficiali. Una specie di guerra strisciante si combatte ogni giorno su statali, provinciali e strade basse, dentro città e paesi, senza tregua, coinvolgendo tutti quelli che amano pedalare; giovani e vecchi, uomini e donne, amatori e professionisti, chi usa la bici per spostarsi in città, chi per andare a lavorare, fare la spesa, per divertimento o scelta di vita. Diciamo subito che la differenza tra bici e auto salta subito agli occhi perché, quando capita l’incidente (17.000 volte nel 2018), siamo noi ciclisti che sfondiamo i parabrezza, voliamo dentro un fosso, ci schiacciamo contro il guard rail o sotto le ruote di un camion. Dal 2010 al 2018, ci sono stati 2.111 morti in sella a una bici, con centinaia di migliaia di feriti.

Vediamo allora di analizzare alcune delle cause del fenomeno; abbiamo il maggior numero di auto in Europa per abitante, siamo tra i più disinvolti (indisciplinati) guidatori, pessime condizioni delle strade, urbanistica e viabilità delle città pensate solo per le auto, vie ciclabili cittadine inadeguate. Questo comporta incidenti gravi e conseguenti altissimi costi sociali: solo nel 2018, ammontano a 2 miliardi di euro. Anche i pedoni sono nel “mirino”: circa 60 vengono investiti ogni giorno. Quindi questo “record” è soltanto la punta dell’iceberg; eppure è assodato che la mobilità su due ruote nelle città è anche un volano per l’economia, e quelle più “pedalabili” sono anche le più sicure. Poi esiste “the dark side of the moon”, il lato nascosto e “oscuro” che si nasconde dentro tutti noi, indistintamente e di cui nessuno parla; l’insofferenza verso gli altri, il mancato rispetto delle regole, anche da parte dei ciclisti, specialmente in ambito urbano, quella sottile rabbia rancorosa che ci assale al volante, se soltanto perdiamo qualche secondo a causa delle bici. La mancanza di una legge che tuteli l’utenza debole della strada, sempre ferma in Parlamento, la quasi certezza di farla franca, aiuta a formare quel clima da “far west” che regna nelle nostre strade. E “l’utenza debole”, ciclisti e pedoni, sono quelli che soccombono.

Il c.t. della Nazionale di ciclismo, Davide Cassani, sempre attento e sensibile a queste tematiche, lui stesso percorre 100.000 chilometri in auto e circa 8.000 in bicicletta ogni anno, ha stilato recentemente un decalogo della sicurezza.

1 Ricordatevi, in allenamento non si è in gara

2 Rispettate sempre le regole del codice della strada

3 montare le luci sulla bici e, se possibile, anche il radar anti auto

4 in bici sempre con il casco e indumenti molto visibili

5 non tagliare mai le curve, fermarsi al rosso

6 non usare mai i cellulari, togliere sempre le cuffiette

7 nelle gare amatoriali, se siete staccati, pedalate con la massima prudenza

8 serve una campagna di sensibilizzazione per gli utenti della strada

9 l’educazione stradale per la bici, deve iniziare ai quiz per la patente

10 mantenere la calma, sulla strada serve dialogo, non rabbia.

Buonsenso, calma, dialogo, rispetto, cose semplici, alla portata di tutti. Non ci sono ricette magiche, ci vorrà del tempo ma, come spesso succede, il primo “scatto”, quello che costa più fatica, dipende soltanto da ognuno di noi, nessuno escluso!

Graziano Majavacchi

Casalpusterlengo

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