Una “Vittoria” che vale doppio: «Il podio a Codogno e poi la paternità»

L’impresa del paratleta Damiano Marini ai campionati di handbike coronata dalla nascita della figlia

Un giorno le racconteranno della gara a Codogno, della scommessa quasi impossibile – ma in questa storia l’impossibile finisce sempre al tappeto – e della paura, quella sì c’era, di non “incontrarsi” mai. Domenica 15 ottobre a Rubano, in provincia di Padova, è nata la piccola Vittoria, e lei ancora non lo sa ma se porta quel nome, che sarà un caso ma dentro ha la “vita”, è un po’ grazie a Codogno.

Ai campionati italiani di paraciclismo a giugno, a correre c’era anche il padre Damiano Marini, 40 anni, ingegnere, atleta paralimpico nella specialità handbike. Suo quel giorno il titolo di campione. Una vittoria per nulla scontata, spiega raggiunto al telefono a casa, mentre la bimba dorme tra le braccia della compagna Valeria lì accanto. Una vittoria che la coppia ha voluto celebrare chiamando così la figlia. E che Codogno festeggia con gli auguri del sindaco Francesco Passerini e delle bariste del “Centrale”, dove si è svolto un pezzo di questa favola a lieto fine.

«La mia ragazza si era messa in testa che sarebbe nato un maschietto per cui avevamo fatto il toto-nomi dei maschi – racconta Damiano -. Così quando abbiamo saputo che era una femmina non sapevamo come chiamarla». Lui, il papà, aveva proposto a un certo punto Vittoria. Senonché sono arrivati il 24 e 25 giugno e i Campionati Italiani a Codogno. «Sono sei anni che mi alleno e faccio gare e non ho mai vinto – prosegue -. Quella mattina, per spronarmi, Valeria mi ha detto che se avessi vinto avremmo chiamato nostra figlia Vittoria, ma non era affatto scontato che vincessi e invece è successo». Fatto sta che a fine gara, prendendo un caffè al bar Centrale, Marini ha raccontato il retroscena. E pochi giorni fa, quando Vittoria è nata, al bar hanno festeggiato il fiocco rosa. Prima del trionfo la vita di Damiano non è stata però tutta rose e fiori.

Aveva 30 anni quando un incidente in moto lo ha costretto in carrozzina, ma la disabilità, per lui, è negli occhi degli altri. «Ho visto crollare tutti i miei progetti – confessa tornando con la mente all’incidente -. Vivevo da solo, lavoravo come ingegnere, poche settimane prima stavo organizzando un viaggio in Vietnam. Di colpo mi sono trovato disteso in un letto d’ospedale, ho pensato “non potrò avere una donna, una famiglia, dei figli”». Pausa. Prosegue: «Ignaro di tutto quello che la scienza può fare». Certo la risalita è stata dura. Ma «il sorriso va costruito, tutto va costruito – ripete -. L’illuso è quello che pensa che gli debba essere dato qualcosa di diritto, perché gli è stato tolto, chi ha speranza lavora per conquistarlo».

Quello che ha fatto lui. Poi è arrivata Valeria e con lei l’amore. Anche quando hanno scelto di avere un figlio all’inizio non è stato facile. «Mi è sembrato di rivivere quei momenti là» riflette. Quando si era fermato tutto. Fino a che è nata Vittoria. Oggi Damiano Marini collabora con una cooperativa che sostiene i ragazzi autistici: «Raccogliamo mattoncini Lego con cui costruiamo le rampe per i disabili che poi regaliamo». Incontra gli studenti delle scuole. E la sua storia l’ha raccontata in un romanzo che s’intitola “La musica è nella mia testa”. Perché parte tutto da lì.

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