SCIENZA Da Lodi a Barcellona per studiare come si utilizza l’oro anche nella lotta ai tumori

Il chimico Leonardo Scarabelli ha già firmato 50 pubblicazioni e dirige un suo gruppo di ricerca

Da Lodi a Barcellona per studiare l’oro e le sue straordinarie applicazioni in diversi campi. Da quello medico sullo sviluppo dei tumori fuori dal corpo umano, ma anche ambientale per migliorare il funzionamento dei pannelli solari.

Leonardo Scarabelli, classe 1988, è partito da Lodi subito dopo la laurea in chimica raggiunta all’Università di Pavia e ora nel suo curriculum ha quasi 50 pubblicazioni, oltre 5mila tra citazioni e indicizzazioni per i contributi scientifici e dirige un gruppo di ricerca a Barcellona. Dopo aver conseguito il dottorato, nel 2016, presso il Cic biomaGUNE, in Spagna, Scarabelli ha proseguito presso l’Università della California di Los Angeles e poi come Junior leader “La Caixa” presso l’Istituto di scienza dei materiali di Barcellona.

Scarabelli, che nel tempo libero ama arrampicare in montagna e recentemente è diventato anche papà, ha ricevuto, inoltre, diverse borse di studio; attualmente ha chiesto di partecipare ai fondi Erc, i massimi contributi dell’Unione europea, per sviluppare il lavoro che ha pubblicato a maggio con il suo gruppo. Poco prima di Natale è stato chiamato a presentare il lavoro con una conferenza anche all’università di Pavia.

«Le nanoparticelle d’oro, detto in maniera semplice, sono dei “concentratori di luce” per quanto strano possa sembrare: vengono applicate per esempio per migliorare il funzionamento dei pannelli solari - racconta Scarabelli -. Attualmente però le particelle d’oro si preparano in soluzioni liquide, ma con dei grossi problemi perché durante il trasferimento per l’utilizzo sulle superfici solide perdono le loro proprietà. Negli anni sono stati studiati diversi metodi per superare la criticità, noi abbiamo scelto di sintetizzare le particelle direttamente sul substrato coinvolto, lavoriamo in situ, dove ci interessa farle crescere».

In base ai primi risultati ottenuti Scarabelli ha chiesto altri fondi all’Unione europea, per continuare in questa direzione. Si tratta di scienza di base. Scarabelli e il suo team devono dimostrare che il loro è un metodo valido, un’alternativa per la preparazione dei sensori utilizzati per esempio nei tamponi rapidi anti Covid, oppure nei pannelli solari, come catalizzatori per la rimozione di Co2, oppure in campo medico in modo indiretto. «Si usano molto per i sensori che studiano come evolvono i tumori in vitro. Si simula l’ambiente del corpo umano - precisa Scarabelli - e con i chip tumorali si studiano il cambiamento e il metabolismo della malattia. In queste strutture si usano le particelle d’oro proprio perché non incidono sull’evoluzione del tumore stesso. Oggi le nanoparticelle vengono impiegate, ma essendo sintetizzate in ambiente liquido, non si possono utilizzare direttamente sui chip. Questo fa la differenza». La ricerca del 34enne lodigiano sta andando in quella direzione, in ambito fisico e applicativo.

«Con il nostro metodo - ribadisce lo studioso - si salta uno step che, sia dal punto vista scientifico che industriale, comporta costi maggiori legati alla riproduzione delle stesse proprietà su larga scala. Noi abbiamo trovato un’alternativa, ora la sfida è fino a quanto in là ci possiamo spingere».

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