Salvato due volte dal nuovo midollo lancia un appello: «Mettetevi subito in lista»

Marco Dalcerri, di San Colombano, ha subito un doppio trapianto: «Servono donatori, giovani fatevi avanti»

Salvato due volte dal midollo di un donatore genovese, il banino Marco Dalcerri lancia un appello ai giovani perché vadano a farsi tipizzare. Basta un prelievo di sangue per entrare tra chi è disponibile a essere chiamato nel caso ci sia la compatibilità con una persona ammalata di un tumore del sangue. Purtroppo la probabilità di trovare un donatore compatibile per un ammalato è di una persona su 100mila. Quel donatore rappresenta l’unica chance di salvezza per lui. Dalcerri, quando si è ammalato, aveva 29 anni, e se non avesse trovato un donatore, non si sarebbe mai salvato dalla malattia. «Mi stavo lavando - racconta - mi sono accorto di questo linfonodo sotto l’ascella, che era rosso e mi faceva male. Sono andato a Sant’Angelo, dal dottor Eduardo Quaranta: “Qui c’è qualcosa che non va”, mi ha detto e mi ha mandato subito a Lodi a fare gli esami del sangue. Erano tutti “sballati”. Era il ’96. Mi hanno ricoverato in medicina a Lodi e mi hanno diagnosticato una mielodisplasia».

Da qui è iniziato il calvario, l’intervento per l’asportazione del linfonodo al Maggiore e una lista lunga di farmaci da prendere.

«Sono rimasto a casa 6 mesi dal lavoro, poi ho capito che qualcosa non andava e che in quel periodo, a Lodi, brancolavano nel buio, gli esami erano ancora fuori norma, tramite mio suocero sono andato nell’ematologia del Niguarda, dalla dottoressa Enrica Morra, una persona splendida, oggi in pensione. La diagnosi era giusta, ma ha iniziato a cancellare i farmaci che stavo prendendo e mi ha messo in lista per la ricerca di un donatore esterno perché i miei genitori non erano compatibili. ”Avete dei figli?” - ci ha chiesto la dottoressa -; abbiamo spiegato che preferivamo aspettare, non volevamo trasmettergli la malattia. “No, no, anzi”, ha detto lei, “vi aiuterà”. E così abbiamo ascoltato il suo consiglio: è nato Davide e due mesi dopo ho fatto il primo trapianto».

Era il 18 giugno del ’98. Un mese dopo Dalcerri è tornato a casa e si è messo in isolamento, in un ambiente sterile. Però andava tutto troppo bene.

Non aveva sintomi che indicassero che il nuovo midollo stesse lavorando; infatti, in seguito ai controlli, ha scoperto che era rimasta ancora una parte del midollo vecchio, che si stava mangiando quello nuovo. «Anche per la seconda volta però, il mio donatore si è reso disponibile a darmi le sue cellule - dice Dalcerri - e oggi sono ancora qui. Mio figlio ha 24 anni e fa l’elettricista insieme a me. Abbiamo affrontato e superato insieme, tutti e tre questa situazione. Ho cercato di conoscere tramite il centro trapianti il mio donatore, gli ho scritto per ringraziarlo, ma lui ha preferito restare anonimo. La dottoressa Morra ha voluto che ad ogni controllo le portassi il mio bambino. Le sarò sempre grato. Adesso mi do da fare con l’associazione Fms Fondazione malattie del sangue di Niguarda, mi occupo della raccolta dei tappi di sangue e di plastica per raccogliere fondi, e con il gruppo dell’Admo, a San Colombano. Cerco di coinvolgere i giovani tra i 18 e i 35 anni, con la mia testimonianza. Sono fondamentali. Con un piccolo prelievo di sangue possono salvare una vita».

Per avere informazioni basta telefonare al referente dell’Admo di Lodi Pietro Marchesi, al numero 3896379763. Ne vale la pena.

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