«Unirsi alla grande Città metropolitana»

«È naturale come prima ipotesi pensare alla Città metropolitana, ma prima di scegliere cerchiamo di capire come e dove potremo essere più influenti».

Claudio Bariselli, sindaco di Marudo al secondo mandato, non avrebbe dubbi su quale strada dovrebbe imboccare il Lodigiano. Però, dice, la decisione finale dovrà essere presa sulla base del ruolo e del peso che potremo avere nel futuro ente.

Paura di contare poco?

«Chi come me gravita su Milano non potrebbe che scegliere la Città metropolitana, però per poterci esprimere in modo compiuto sarà importante capire dove potremo contare di più. Oggi ci sono ancora molti punti di domanda».

Ad esempio?

«Allo stato delle cose non sappiamo ancora quale forma prenderà il nuovo ente, come cioè si svilupperà la Città metropolitana. Il nostro non è l’unico territorio che vorrebbe aggregarsi a Milano».

Concorderà però sul fatto che anche per noi è arrivato il momento di muoversi, altri sono già all’opera. E non solo intorno alla Città metropolitana. Ha sentito parlare del “patto di consultazione” tra Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova?

«Certo, stanno unendo le forze per mettere insieme un numero di abitanti che possa fare da contrappeso alla Città metropolitana. Il tema fondamentale del bilanciamento all’interno della Regione è fondamentale. Ma proprio per questo dico che prima di scegliere bisognerà avere delle certezze sul nostro ruolo».

Deve pensarla così, rispetto al ruolo del proprio territorio, anche il presidente della Provincia di Cremona, Carlo Vezzini. Ieri si è visto con Soldati a Palazzo San Cristoforo…

«So che è stato solo un incontro interlocutorio. Credo che la strada verso Cremona sarebbe più difficile da percorrere, ci sarebbe un maggior rischio di disgregazione del Lodigiano. Verso Milano potremmo invece marciare in blocco. Non parliamo poi di altre ipotesi che ho sentito fare in questi mesi, come ad esempio quella di Piacenza, ammesso che sia formalmente possibile».

Fantageografia?

«Diciamo che è una provocazione, con Piacenza saremmo ancora meno influenti».

Ma la compattezza del territorio verso Milano secondo lei ci sarà?

«Penso di sì, Milano è l’ipotesi più ragionevole e sensata».

Specialmente dopo la sua rinascita. O no?

«Oggi più che mai vediamo che Milano non ha nulla da invidiare a Roma. Dobbiamo riconoscere i meriti di chi con lungimiranza ha creduto nell’Expo come ad una grande opportunità per ridare un ruolo di primo piano al capoluogo. C’è però ancora molto da fare, dietro il lavoro di Expo la città ha bisogno di molto altro. E bisognerà approfittare della spinta di Expo per portare benefici a tutta la Lombardia».

Marudo, nel suo piccolo, come ha vissuto il clima dell’Expo?

«Proprio perché siamo piccoli non abbiamo avuto ricadute. Attraverso la società Foil, che sta per Formazione Ontopsicologica Interdisciplinare Leaderistica, avremmo voluto promuovere un fuori Expo sul nostro territorio. Le premesse ci sarebbero state visto che loro hanno importanti contatti internazionali, ma poi per questioni pratiche le iniziative della Foil sono state realizzate direttamente a Milano».

I marudesi come si esprimerebbero ad un referendum sul futuro del territorio?

“La maggior parte per Milano, perché lavora nell’ hinterland e con Milano ha rapporti saldi. Inoltre le modifiche viabilistiche dovute alla Tem ci stanno risolvendo problemi come il nodo di Melegnano e ci avvicinano alla metropoli. Teniamo anche conto del fatto che la maggior parte dei nuovi marudesi arriva dalla Città metropolitana. Negli ultimi vent’anni il paese è molto cambiato, la popolazione è quasi raddoppiata. La crescita però è stata lineare e controllata e non ci sono stati problemi d’integrazione né con gli italiani né con gli stranieri».

Pendolarismo a parte, la vostra economia si basa su agricoltura e artigianato. Cosa si aspettano le vostre aziende dalla Città metropolitana?

«Le nostre aziende hanno già un mercato proprio, le scelte future non lo cambieranno. Piuttosto c’è da augurarsi che Milano abbia strutture più rapide per dare risposta alle necessità degli imprenditori. Qui da noi la Lodigiana Maceri ha dovuto attendere quattro anni e mezzo per ottenere dalla Provincia di Lodi il permesso di spostare all’esterno dell’abitato la propria attività. Colpa anche della legge Delrio».

In che senso?

«Nel senso che la riforma delle Province ha tolto personale per evadere queste pratiche. Non è accettabile che un territorio debba aspettare così tanto tempo per risolvere un problema. Direi che quello della Lodigiana Maceri è l’esempio, e non isolato, di come la riforma Delrio nata dalla spinta popolare sia stata nella realtà un fallimento: si risparmia qualche soldo su presidente e giunta, ma poi un paese si ferma davanti ad una pratica amministrativa. La colpa non è della parte politica o tecnica della Provincia, è un danno causato dalla riforma».

Firmerebbe il protocollo istituzionale proposto da Mauro Sangalli per favorire l’insediamento sul territorio della piccola e media industria?

«Sangalli ha colpito nel segno. La burocrazia è il vero problema da risolvere per rendere competitivo il nostro territorio. Le attuali tempistiche per le autorizzazioni non sono consone alle imprese. Se nel Lodigiano riusciamo a risolvere questo problema non potremo che guadagnarci».

Cosa pensa del percorso di avvicinamento alla Città metropolitana indicato da Soldati all’incontro con le associazioni di categoria?

«L’importante è che non si arrivi a scelte preconfezionate dal Pd, che oggi in Provincia può fare quello che vuole. Le scelte devono essere strategiche per l’intero territorio».

Il documento di indirizzo della Provincia sarà presentato all’Assemblea del Lodigiano, della quale fanno parte i cittadini e tutti i sindaci del territorio. Non è garanzia di trasparenza?

«È vero che l’Assemblea del Lodigiano è un passo avanti, ma non può essere considerata espressione completa della rappresentatività del territorio. Ci sono tantissimi lodigiani che non si sono interessati a questa iniziativa».

Sulla nuova legge di stabilità cosa pensa? L’abolizione della Tasi sulla prima casa e dell’Imu sui terreni agricoli non convince i tecnici del Servizio di bilancio di Camera e Senato che nel loro dossier manifestano perplessità sui margini di manovra dei Comuni…

«Non c’è dubbio che sul futuro ci sia forte incertezza. Renzi ha detto che nulla sarà tolto ai Comuni, ma è un annuncio che non ci rassicura visto che quelli precedenti non sono stati rispettati. Tasi e Imu agricola avevano scadenze predefinite, per noi rappresentavano una garanzia sulle entrate. Ora bisognerà capire con quali tempistiche lo Stato distribuirà i contributi. I comuni potrebbero avere seri problemi di liquidità».

I vostri conti come vanno?

«Ormai abbiamo raschiato il fondo del barile, abbiamo razionalizzato tutte le spese e non so se eventuali nuovi tagli sarebbero ancora sostenibili. Ai comuni non basta più ridurre le spese, c’è il rischio di dover tagliare i servizi. Noi qualche spazio di manovra l’abbiamo ancora nella tassazione, finora contenuta. Ma vorremmo evitare un aumento delle tasse».

Gestione associata e fusioni. Che dice?

«Con Valera Fratta e Borghetto c’è l’accordo su tutte le funzioni associate, partiremo dal prossimo anno. Però sono critico verso le gestioni associate, ne parlavo con il sindaco di Valera e ci siamo trovati d’accordo sul fatto che mettere insieme due poveri non fa un ricco. In via generale possono essere positive, ma non devono essere un obbligo: in alcuni casi doversi convenzionare porta a spendere di più. Quanto alle fusioni, per adesso non sono allo studio. Sono percorsi difficili da attuare se non imposti dall’alto».

Di lei, sul sito del comune, si legge che è appassionato di enogastronomia. Almeno sulla buona tavola potrà star tranquillo, Renzi non metterà becco…

«Una delle caratteristiche di Marudo è quella di avere dato i natali al fondatore della Riso Scotti. Quando ero bambino qui il panorama era diverso, la coltura del riso era più diffusa, ora c’è molto mais, è un peccato per uno come me che va matto per il risotto, un piatto da riscoprire e valorizzare in mille modi».

Il suo preferito?

«Quello con la pasta di salame. L’ha mai provato?»

No. È molto buono?

«Da leccarsi i baffi».

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