Senza i soldi non si va da nessuna parte

«Mancano i soldi, andare di qua o di là sarebbe la stessa cosa. Non ci sono risorse né di qua né di là. Inutile fare tanti discorsi».

Roberto Depoli - sindaco dal 2004 di Terranova dei Passerini, operaio all’Unilever di Casale - dice di essere indifferente rispetto al dibattito in corso sul futuro istituzionale del Lodigiano. E che solo “il referendum di Maroni”, quello sull’autonomia lombarda, potrebbe risolvere davvero i problemi dei territori.

È sicuro che il referendum sull’autonomia lombarda sarebbe la panacea di tutti i mali?

«La questione davvero importante è quella a livello finanziario. Tenere il 70 per cento delle tasse in Lombardia vorrebbe dire dare una risposta concreta ai problemi finanziari dei comuni, e da lì che può ripartire tutto. E vorrei che tutte le regioni, e non solo la Lombardia, potessero tenersi a casa propria almeno il 70 per cento delle tasse».

Sarà comunque un referendum consultivo, i problemi di oggi resterebbero anche nel caso in cui i cittadini lombardi si esprimessero a favore dell’autonomia…

«Avrebbe lo stesso un valore importante. Spero che la Regione vada avanti e che il governo ci dica che abbiamo ragione. E’ l’unica possibilità per risolvere davvero i problemi. Diversamente andremo sulla cattiva strada. Anzi, sa cosa penso?»

No, mi dica…

«Che sarebbe bene che il referendum di Maroni si facesse insieme al referendum costituzionale di ottobre, sarebbe anche un modo per risparmiare».

Dubito che Renzi sia d’accordo. Lei no?

«Io dico che al governo c’è una persona che nessuno ha votato. Se uno vuol fare le riforme dev’essere prima votato dai cittadini e proporre le riforme in campagna elettorale. Allora sì che si può parlare di democrazia».

Fatto sta che Renzi è alla guida del governo e se passa il sì alle riforme costituzionali bisognerà guardare avanti. E anche noi una scelta la dovremo fare. Siamo sicuri che andare con Milano o con Crema sarebbe la stessa cosa?

«Prima voglio vedere le risorse, io sono molto realista. Nel mio comune quando vogliamo fare qualcosa la facciamo perché abbiamo i soldi per farla, se no non la facciamo. La riforma Delrio così com’è non dice niente, è senza fondamenta. Città metropolitane a Aree vaste sono capitoli ancora da scrivere, siamo qui a parlarne ma nessuno sa su quali risorse potrebbero contare. E intanto la Provincia non sa più cosa fare, è rimasta senza soldi per le strade, il verde, le manutenzioni ordinarie. E meno male che quest’anno non è nevicato».

Meno male, sì…

«È una situazione che ha dell’incredibile. Il governo toglie di qua e toglie di là, porta via soldi, poi il problema finisce lì. Eppure Renzi e Delrio sono stati sindaci, dovrebbero capire i nostri problemi, dovrebbero anche sapere che i cittadini sentono la lontananza dello Stato e che noi siamo il loro primo riferimento. Mi sembra che tutto sia fatto senza tener conto dei problemi reali. Ogni decisione dovrebbe avere le sue fondamenta, se no poi finisce tutto in un pasticcio come per le gestioni associate, le unioni e le fusioni».

Però non si può far finta di niente, tutti i territori si stanno organizzando…

«Sono molto polemico, lo so, ma guardo in faccia la realtà. E dico che tutto gira intono al referendum della Lombardia, senza quei soldi non si fa niente. Solo con quei soldi i sindaci avrebbero le risorse per affrontare i problemi».

A Terranova ne avete molti?

«Nel nostro ultimo bilancio mancavano 40mila euro rispetto alle previsioni sui trasferimenti, il governo ci ha dato da una parte e ci tolto dall’altra. I conti così sono capace di farli anch’io. E tutti gli anni è la stessa identica cosa, non si può andare avanti così. Il governo non si occupa dei comuni, men che meno dei più piccoli. E i problemi non si risolvono decidendo che i comuni devono avere almeno 5.000 abitanti oppure obbligandoli alle gestioni associate. La verità è che neanche quelli che sono al governo sanno come fare ad affrontare i problemi, continuano ad allungare i tempi, i decreti attuativi non si vedono e intanto ci obbligano a fare le convenzioni. Non c’è bisogno che ci obblighino. Lasciateci vivere e lasciateci liberi di fare».

Voi a che punto siete rimasti con le gestioni associate?

«Abbiamo in corso solo la funzione della Polizia locale con Secugnago, abbiamo il vigile per otto ore la settimana, e per noi va bene così. Io sono ben disposto alle convenzioni ma non sotto l’obbligo del governo. Sono pronto a dare una mano ad un altro comune, ma non devo essere obbligato a farlo, anche perché andrei a spendere di più».

Di unioni e fusioni non vorrà sentir parlare…

«Sono assolutamente contrario. Con queste formule andiamo a perdere l’identità di un comune. Il governo centrale cerca di incentivare le fusioni, ma abbiamo visto a Cornovecchio cos’è successo. Quando in gioco c’è l’identità di un territorio la gente dice di no».

Ha idea di come si esprimerebbero i terranovesi se dovessero scegliere tra Milano e Crema?

«Forse il pendolarismo verso Milano li avvicina di più alla Città metropolitana, ma penso che per il momento si tengano Terranova ben stretta. Credo che anche loro aspettino di capire cosa accadrà con le leggi e le risorse. E per quanto mi riguarda vorrei che potessimo tenerci i soldi qua».

Il suo punto di vista è chiaro. Faccia però uno sforzo: meglio la Città metropolitana o Crema? Non credo che un’idea comunque non l’abbia…

«Dipenderà dai decreti attuativi. Comunque io mi sentirei più orientato verso Milano, con la quale siamo già stati».

Nessun timore di diventare periferia della metropoli?

«Quando mancano i soldi i timori e i problemi ci sono ovunque. Ci sarebbero anche nell’Area vasta. Sarò ripetitivo, ma prima di fare ogni discorso sul futuro bisognerebbe sapere se e quanti soldi ci sono. Gliel’ho detto: a Terranova quando vogliamo fare qualcosa la facciamo perché abbiamo i soldi per farla. Lo sa perché sono sindaco dal 2004?».

No, perché?

«Perché abbiamo sempre fatto le cose che sapevamo di poter fare. Se abbiamo i soldi bene, se no teniamo in piedi quello che c’è. Abbiamo fatto un sacco di roba, ristrutturato la piazza, l’edificio e il cortiletto dell’asilo, sistemato la strada verso Casale, costruito due nuovi appartamenti per le persone bisognose, abbiamo fatto la sala polifunzionale, l’ambulatorio e la farmacia, un centro civico polivalente. Però c’erano delle risorse. Non si può illudere la gente di poter fare delle cose che poi non si potranno fare».

Secondo lei passerà il sì alle riforme costituzionali?

«Io sto aspettando il referendum della Regione, e spero che sia ad ottobre».

Vabbè. Fiducioso sul futuro del Lodigiano?

«Spero di sì».

In che senso?

«Tutto è legato al referendum della Regione, se parte quello ripartiamo tutti. Se no non so cosa succede».

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