Nel Lodigiano si legge ancora troppo poco

Siamo il Paese dei festival: cinema, teatro, arte, letteratura, musica, poesia, diritto, matematica, filosofia, scienze, religione, sociologia, mente ecc. Siamo il Paese dei Festival, delle Fiere e dei Premi letterari. Frequentatissimi. E siamo il Paese in cui si stampa un alto numero di titoli (65 mila). Da essere compiaciuti. Se dietro non si rivelasse una riduzione drastica delle tirature medie (da 6.306 a 3.343 copie per titolo). Sulla qual cosa c’è poco da menar vanto. L’utente, il pubblico, non legge, non legge abbastanza, non legge come dovrebbe. Non legge perché non è attratto, non è consigliato, è distratto, svogliato, disinformato. In compenso gli editori (2.200 in tutto) aumentano il numero delle novità in uscita. La strategia è andare incontro a tutti i gusti. Buoni, meno ancoratroppo pocobuoni, pessimi, schifosi. Così si abbassano il livello qualitativo della produzione libraria. Nascosta dietro a veri paradossi del marketing pubblicitario: tutti che proclamano “rivelazione”, o “sorpresa”, o “conferme”, o “tiratura record”, o “vendita primato”, o “partecipazione al premio...” Così ci ritroviamo con milioni di narratori, poeti, saggisti, novellisti, emergenti, memorialisti, biografi, fantasy, aforisti, storici, rosa …Il quadro attuale offerto dalla lettura (libri, editori, scrittori, lettori, librai ecc.) è abbastanza contradditorio. E’ reso incerto e insicuro anche dalle rilevazioni statistiche. Diminuisce il numero dei lettori, aumenta quello degli autori, cresce il turnover dei piccoli editori. Scende il fatturato (3,3 miliardi di euro), ma dilagano fiere, festival, premi e manifestazioni. Fan vita grama le librerie indipendenti, chiudono le riviste specializzate, dilagano quelle di gruppo e le pubblicazioni “per chi legge”, penetrano le librerie di catena, riducono lo spazio-libri i supermercati, crescono i bancali delle offerte, ritornano i remendaires sotto forma di mercatini del libro usato ecc. In ogni caso le analisi delle statistiche Istat sulla lettura in Italia sembra non lasciare dubbi sulla crisi della lettura. Nel 2012 solo il 46% degli italiani (51,9% tra le femmine e 39,7% tra i maschi) ha dichiarato di aver letto almeno un libro all’anno. Un dato di gran lunga inferiore a quello di paesi stranieri. Si pensi che legge il 61,4% degli spagnoli, il 70% dei francesi, il 72% degli statunitensi, l’82% dei tedeschi. In Italia, anche chi legge, legge molto poco: il 45,6% dei lettori non ha letto più di 3 libri in 12 mesi, mentre soltanto i «lettori forti», cioè chi ha letto 12 o più libri nello stesso lasso di tempo, è il 13,8% del totale. Il 9,9% delle famiglie dichiara di non possedere alcun libro in casa; il 63,7% ne ha da 1 a 100, l’11,8% da 101 a 200 e il 14,4% più di 200.Delle rilevazione non si hanno dati disaggregati. A livello di territorio lodigiano la situazione non sembra si possa giudicare favorevolmente. Almeno stando ai dati sulla “Qualità della vita” forniti da Il Sole-24 Ore. Infatti siamo al 105° posto (su 107 province) nel rapporto librerie/100mila abitanti, appena sopra Lecco e Isernia. Un dato che, se letto insieme a quelli sulla “creatività” e sugli “spettacoli”, dovrebbe suggerire qualche riflessione. E’ vero che certe statistiche si possono sempre discutere. L’indicatore, per sé stesso, non è rivelatore della capacità di assorbimento di libri da parte della popolazione lodigiana. In tal senso l’ultima rilevazione fatta da Il Sole-24 Ore (2011), attribuiva alla provincia il 64° posto in Italia con una percentuale dello 0,44% di assorbimento libri sulla popolazione.Qualche domanda avrebbe dovuto farcela porre. Perché nel Lodigiano si legge ancora tanto poco? Perché nel Lodigiano la presenza di librerie è ancora tanto debole? Perché alla crescita del numero di laureati e di diplomati avutesi nel primo decennio di questo nuovo secolo, non ha fatto riscontro una crescita adeguata del numero di lettori? Su quali fragili basi si innesta il mercato librario territoriale? La semplice inversione di tendenza degli indicatori economici, potrebbe modificare il rapporto degli abitanti con la lettura? Eppure, buone iniziative non mancano, non sono mancate. Hanno coinvolto e visto partecipi la scuola, le biblioteche, le librerie, le istituzioni, i cittadini. Hanno raccolto l’attenzione e l’interesse dell’informazione. Un impegno significativo è quello che il Cittadino dedica alla segnalazione e alla recensione libraria e all’incontro con gli autori, inteso a rendere efficace l’azione di allargamento del bacino di lettori di libri.Una recentissima ricerca (Rapporto sulla promozione della lettura in Italia, Forum del Libro, marzo 2013) mette però l’accento sulla “forte dipendenza dell’editoria italiana dai comportamenti di acquisto dei lettori forti” - quel pubblico facile da raggiungere e di cui si conoscono le abitudini e le preferenze. Una scelta che ha reso ancora più acuta la crisi che il libro e la lettura stanno attraversando. Infatti, come rileva sempre il Rapporto, per la prima volta essa si allinea al calo generalizzato dei consumi e tocca anche i lettori più accaniti. Negli ultimi due anni è stato accusato un forte calo di vendite: nel 2011 l’acquisto di libri è diminuito del 3,7%; mentre nei primi nove mesi del 2012 la contrazione è stata dell’8,7%, dovuta in gran parte proprio agli “alto acquirenti” (-20%). Da notare anche lo spostamento degli acquisti verso fasce di prezzo più basse: sono cresciute le vendite solo per i libri con un prezzo di copertina inferiore ai 15 euro. Che da un simile contesto (generale) il quadro critico della lettura (a livello di territorio) possa migliorare, sarebbe ingenuo immaginarlo. Non per questo va abbandonata la politica di promozione della lettura. Tanto meglio se accompagnata alla battaglia per la buona letteratura, per la buona arte, per la buona cultura.

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