Milano ci porta in Europa. È il futuro

«La scelta va affrontata in una prospettiva europea, dobbiamo essere proiettati verso il futuro, andare avanti senza guardare solo nello specchietto retrovisore».

Giuseppe Maiocchi - sindaco di Livraga al primo mandato, direttore dello Ial Lombardia (impresa sociale che si occupa di formazione e servizio al lavoro) per le unità organizzative di Milano e Lodi - è convinto che il futuro del Lodigiano non possa che legarsi alla Città metropolitana. «Oggi - dice - ci si deve muovere pensando ai prossimi venti o trent’anni, i nostri figli guardano l’Europa, non hanno visioni limitate. Milano ci porta in Europa e l’Europa è il futuro».

L’Europa sarà il futuro, ma i cittadini intanto chiedono servizi efficienti e a portata di mano…

«Non c’è dubbio che la qualità dei servizi sia fondamentale, la gente chiede efficienza, occorre dare sempre maggiori e migliori risposte alla cittadinanza. Ciò non toglie che la riorganizzazione dei territori vada affrontata in una prospettiva di orizzonte europeo. Non possiamo prescindere dalla globalizzazione delle regole di convivenza. Ma anche in questo contesto i comuni saranno fondamentali, indipendentemente dalle dimensioni. I Comuni presidiano il territorio e sono garanti dei diritti dei cittadini».

L’Area vasta con Crema non favorirebbe il dialogo fra comuni, istituzioni e cittadini?

«Se ragionassimo in un’ottica di revisione dei confini delle province, allora l’Area vasta di Lodi e Crema avrebbe senso. Ma non è questa la prospettiva che abbiamo davanti. Crema potrebbe tutt’al più essere un valore aggiunto nella Città metropolitana in un’ottica di zona omogenea con Lodi, e in questo modo essere funzionale alla riorganizzazione dei servizi. I due territori potrebbero ad esempio avere in comune il tribunale e la gestione dei servizi alla persona. Il fatto è che ci troviamo di fronte ad una normativa in evoluzione e al momento non si capisce che funzioni e risorse potranno avere le Aree vaste, che dipenderanno dalle Regioni. Delle Città metropolitane sappiamo che hanno già dignità costituzionale».

Sì, ma il tema delle risorse riguarda anche le Città metropolitane. E’ vero che il governo ha appena approvato il decreto che elimina le sanzioni, sotto forma di tagli, alle 47 Province e 8 Città metropolitane (tra le quali c’è quella di Milano) che non hanno rispettato il patto di stabilità 2015, ma il capitolo dei trasferimenti è ancora in buona parte da scrivere…

«Io, in una prospettiva europea, non trascurerei la riduzione del numero delle Regioni, oltre al superamento di quelle a statuto speciale».

Intende dire che le risorse per le Città metropolitane potrebbero essere garantite ridimensionando le Regioni?

«Comuni, Aree vaste o Città metropolitane, Regioni e Stato: quattro livelli di governo sono troppi. Credo che ne basterebbero tre. I comuni, un ente intermedio e lo Stato. Se pensiamo che l’ottanta per cento dei bilanci regionali è destinato alla sanità viene da chiedersi se ha senso che le Regioni abbiano rappresentanze internazionali, sedi in altre città del mondo. Noi pensiamo spesso all’eccessivo numero dei parlamentari, ma non ragioniamo sui 1.120 consiglieri regionali in tutta Italia».

Bè, ogni tanto leggendo i giornali ci si ragiona…

«Io credo che se le Città metropolitane funzioneranno le Regioni finiranno per svuotarsi di poteri. E penso che nella prospettiva europea gli Stati assumeranno un ruolo di macro-regioni e le regioni quello di macro-province, cioè di Città metropolitane. Sono convinto che anche in Italia col tempo il numero delle Città metropolitane aumenterà».

Cosa glielo fa credere?

«La Costituzione non ne limita il numero: non è assurdo pensare che il ruolo delle Regioni venga superato e che le risorse che oggi sono delle Regioni vengano destinate alle Città metropolitane».

Togliamo ai ricchi per dare ai poveri, bella idea…

«Bisognerà fare in modo che le risorse arrivino, uno snellimento degli apparati amministrativi può aiutare. Perché la Lombardia, ora governata dalla Regione e da dodici Province, in prospettiva non potrebbe essere governata da quattro Città metropolitane, ossia da quattro poli attrattori che si rapportino direttamente con il governo centrale?».

Dunque nessun rimpianto per la Provincia di Lodi?

«L’esperienza della Provincia di Lodi è stata importante, è nata e maturata in tempi in cui si puntava all’autonomia e in cui le risorse c’erano. Oggi sono cambiate molte cose. La mobilità è migliorata, le nuove tecnologie accorciano le distanze e le risorse sono sempre meno. Occorre ragionare diversamente. La mobilità delle persone verso le città aggreganti è quella che deve determinare l’organizzazione territoriale dello Stato. Il Lodigiano è storicamente su Milano. Qualsiasi scelta diversa da Milano spaccherebbe davvero il territorio. E poi il cittadino lodigiano si sente un po’ milanese».

Altri territori non sono spaventati all’idea di aggregarsi nelle Aree vaste. Cremona e Mantova si sono rimboccate le maniche, confortate anche dal recentissimo studio della società di consulenza Kpmg Advisory Spa che ha definito “ottimale” l’aggregazione e, tra parentesi, non ha sconsigliato l’inclusione del Lodigiano. Lecco, Monza e Como stanno già facendo le prove tecniche: hanno siglato l’accordo strategico per le funzioni di Area vasta. Solo a noi spaventa l’idea?

«Forse altri territori pensano di replicare il modello della Provincia, di poter avere quell’autonomia e quelle risorse che avevano le Province. Non penso che sarà così. Si ragionerà sempre più in una prospettiva di mobilità. Non sono i chilometri che contano, ma la proiezione dei flussi delle persone e dell’economia. San Rocco, ad esempio, è al confine con Piacenza ma è proiettato verso il nord. Ci sono comuni del Cremasco attirati da Cremona perché la loro economia si muove in quella direzione».

Inutile che le chieda cosa voterà al referendum…

«Ero per una Camera sola, e sono perplesso sul Senato non elettivo. A livello territoriale gli organi non elettivi con funzioni di coordinamento possono andare bene, è logico che siano composti da chi ha già un ruolo a livello istituzionale, ma il parlamento è un’altra cosa. Comunque sono perché si vada avanti».

Livraga cosa si aspetterebbe dalla Città metropolitana?

«Che arrivino le risorse per garantire i servizi alla cittadinanza e per la gestione del territorio. La Città metropolitana dovrà pensare a tutti i suoi territori, non ci dovranno essere figli o figliastri».

Sulle fusioni fra comuni sarà d’accordo…

«Sì, ma in un processo di autodeterminazione. L’imposizione facilita, ma la fusione deve avvenire attraverso un processo di crescita locale. Sono comuni piccoli i nostri, non è a rischio la loro identità, si tratta di ottimizzare i servizi. E secondo me non ha senso stabilire un limite di abitanti».

Fiducioso sul futuro del Lodigiano?

«Non possiamo perdere la fiducia nel futuro. Dobbiamo operare perché i nostri giovani possano avere una prospettiva di crescita. I periodi possono essere più o meno felici, ma la fiducia non va persa. È la speranza che sorregge l’uomo».

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