«L’impegno dei sindaci per il Lodigiano»

«Meglio la Città metropolitana che ha un riconoscimento costituzionale. L’Area vasta ha invece un riconoscimento di legge ordinaria ed è un capitolo ancora tutto da scrivere».

Anche Marcello Schiavi, sindaco al primo mandato di Castelnuovo Bocca d’Adda, 34 anni, commercialista con studio a Piacenza, si schiera per il ritorno di Lodi a Milano. Ed anche lui, come tutti i sindaci, antepone ad ogni ragionamento la convinzione che “la cancellazione della Provincia è stata un errore”. A differenza di altri suoi colleghi definisce però “una scommessa” la futura scelta. Su qualsiasi strada ci s’incamminerà. Dubbioso davanti al bivio?

«È difficile prendere posizioni su un tema ancora così incerto. In questo momento non possiamo avere garanzie sul futuro, non sappiamo quali servizi e quali istituzioni resteranno sul territorio, l’unica cosa certa è che la Camera di commercio di Lodi dovrà accorparsi con un altro ente camerale. In questa vicenda ci sono ancora molti se e molti ma, oltre ad un quadro normativo ancora non definito. Il mantenimento della Province sarebbe stata la cosa migliore, ma visto che dovremo fare una scelta sarà meglio orientarsi verso un ente con valore costituzionale».

Che però ancora non sappiamo a quali condizioni potrà riprenderci...

«Il punto è proprio questo. Nella Città metropolitana saremmo una goccia nel mare, ma credo anche che se manterremo in vita l’Associazione comuni lodigiani potremo farci rappresentare nelle sedi opportune e farci rispettare nonostante la dimensione territoriale e demografica del nostro territorio».

Intanto la Provincia si sta muovendo. L’Assemblea dei sindaci si appresta ad affrontare il tema della rappresentanza che dovrà avviare i contatti con Milano. Condivide il fatto che l’iniziativa parta da Palazzo San Cristoforo?

«Sì, l’Assemblea dei sindaci sta portando benefici al territorio, ma è auspicabile che la futura rappresentanza si appoggi anche all’Acl, che ha un riconoscimento istituzionale e potrebbe essere un punto di forza».

I benefici di cui parla sono il frutto dell’unità dei sindaci nell’emergenza? È questo che intende dire?

«Il loro impegno per mantenere un territorio coeso è un dato di fatto. Conoscono molto bene le materie di cui parlano e tante decisioni importanti sono prese all’unanimità. In Provincia si è creato un organo che ha messo da parte la politica in senso stretto e che lavora nell’interesse della comunità lodigiana. Se avesse avuto le risorse avrebbe potuto governare molto bene il territorio».

Già, però il ritornello vuole che non ci siano più soldi nemmeno per tagliare l’erba...

«La riforma delle Province doveva limitarsi a riformare il gruppo di governo con i sindaci. Non dovevano essere tolte le risorse. I sindaci quelle risorse le avrebbero spese per il territorio con una gestione più oculata. La riforma stava andando verso la creazione di un istituto che poteva ben rappresentare il territorio. Oggi non solo non ci sono i soldi per tagliare l’erba, ma neppure quelli per gestire le strade, la scuola e il sostegno ai disabili. Il passaggio dalla Provincia ad un nuovo ente avrebbe dovuto essere pianificato diversamente dal governo centrale, sia per quanto riguarda l’attribuzione delle risorse, sia per quanto riguarda la tempistica».

Un’altra Assemblea, quella del Lodigiano, sarà chiamata ad esprimersi sul nostro futuro. Al suo interno costituirà uno specifico tavolo di lavoro. Ritiene che potrà dare un contributo importante?

«Penso proprio di sì. La voce dei cittadini riuniti in un organismo di partecipazione rappresentativo dell’intero territorio e non politico andrà sicuramente ascoltata».

I castelnovesi come si esprimerebbero sul futuro del Lodigiano?

«Al momento il tema non è molto sentito, in assenza di un quadro normativo definitivo c’è un po’ di disinformazione. Ma certamente l’argomento prenderà piede nei prossimi mesi. In questo momento posso solo dire che i castelnovesi sono più orientati verso la metropoli, perché è soprattutto verso Milano che si dirigono i nostri pendolari. Credo che il pensiero prevalente sia quello che, persa l’autonomia della Provincia, il ritorno al passato sia la strada migliore da percorrere».

La vicinanza con Cremona e Piacenza non potrebbe dividere i cittadini?

«Il nostro è un territorio di confine, è vero. Ma a Piacenza e Cremona ci appoggiamo per i servizi non istituzionali e per il tempo libero. Questo non credo che possa bastare per indirizzare la scelta futura. Altra cosa sarebbe se noi dovessimo avere uffici e istituzioni a Piacenza o Cremona, che distano entrambe meno di venti chilometri da noi. Ma è un discorso che mi pare non faccia parte di alcun programma».

Di Pavia immagino non abbia neppure senso parlare...

«Non sarebbe certo il partner migliore. A livello infrastrutturale ci sarebbero molti problemi, sia per i collegamenti ferroviari che stradali».

Con la gestione associata a che punto siete?

«Siamo fermi. Con Maccastorna e Meleti abbiamo previsto un’intesa su tutti i servizi, ma operativamente dobbiamo ancora partire. Con le convenzioni eravamo partiti a razzo, poi la normativa sulle gestioni associate è cambiata ed abbiamo rimandato tutto».

Nessuna fusione in vista per Castelnuovo?

«Le fusioni, come le unioni e le gestioni associate sono il tema al centro di un progetto di incontri promosso dall’associazione “Castelnuovo per te” che fa riferimento alla lista che ha vinto le elezioni e di cui faccio parte. L’obiettivo è incontrare i cittadini, informarli sulle normative e sulle peculiarità di ogni possibile soluzione. Diciamo che sarà soprattutto una campagna di informazione alla comunità che ci permetterà di capire quale sarà la strada migliore da percorrere».

Sull’accoglienza dei profughi cosa dice? Visto che il tema non è destinato ad esaurirsi in pochi mesi ci si domanda se la Città metropolitana potrà favorire soluzioni “ragionate”...

«Sull’immigrazione dico che sarebbe ora che le istituzioni se ne occupassero direttamente e non lasciassero il problema nelle mani dei privati e delle cooperative. È inaccettabile che i soldi pubblici vadano dati a privati anziché essere investiti sul territorio con dei progetti. La maggior parte della gestione degli immigrati avviene per fare impresa. È ora di smetterla con le speculazioni dei privati».

Castelnuovo come sta affrontando questo problema? L’ipotesi del centro di accoglienza nella “vostra” casa cantoniera sta agitando le acque della politica...

«La casa cantoniera è di proprietà della Provincia e la prefettura ha il potere di allestirvi un centro di accoglienza. Dev’essere chiaro a tutti che nessuna amministrazione comunale può decidere sull’accoglienza dei profughi ed è tenuta a rispettare per legge le decisioni prefettizie. L’unica cosa che in questo momento posso dire è che noi stiamo dialogando con le istituzioni allo scopo di non modificare gli equilibri del territorio».

Un’ultima cosa. Come immagina il futuro del Lodigiano?

«Sono fiducioso sul fatto che le nostre istituzioni sapranno mantenere i servizi principali sul territorio e salvaguardare il nostro tratto identitario. Come in passato daranno dimostrazione di compattezza anche in questa fase della nostra storia».

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