Così ci troviamo nel bel mezzo di due guerre: in Afghanistan e in Libia, con spese ingenti. La guerra in Afghanistan ci costa 2 milioni di euro al giorno, quella in Libia ci è già costata 700 milioni di euro. Secondo i documenti ufficiali del Ministero della Difesa, il volume di spesa per la difesa dell’Italia è pari a 20 miliardi e 494,6 milioni di euro (circa 600 euro al secondo) nel 2011, a 21 miliardi e 16 milioni di euro nel 2012, e a 21 miliardi e a 368 milioni di euro nel 2013. Oltre cinquanta milioni di euro al giorno per stipendiare più di 600 generali, 2 mila e 700 colonnelli, 13 mila ufficiali, quasi 26 mila sottoufficiali e una massa sterminata di dirigenti, tutti impegnati a guidare un numero sempre più esiguo di soldati. Come se non bastasse, sono stati stanziati 11.500 milioni di euro per l’acquisto di 131 nuovi cacciabombardieri Jsf/F-35 (circa 88 milioni di euro l’uno). Non solo, per il programma caccia Eurofighter si spenderanno 18 miliardi di euro (13 già pagati). Per otto aerei-robot Predator senza pilota 1,3 miliardi di euro. Per 100 nuovi elicotteri militari NH-90, 4 miliardi di euro. Per due sommergibili 915 milioni. Per alcune fregate «FREMM» soli 5 miliardi di euro. Indigna, umilia eaddolora costatare come in Italia si continuano a creare armamenti giganteschi che assorbono una percentuale altissima di risorse economiche mentre gli stessi cittadini sono sottoposti a pesanti sacrifici: perdita di posti di lavoro; riduzione dei servizi alla persona e altri ancora: l’elenco si allunga ogni giorno.
I lavoratori sono sottoricatto, tre giovani su dieci sono disoccupati con costi psicologici e sociali incalcolabili, le persone in difficoltà senza aiuto. Oggi i più subiscono le scelte di pochi altri, ma “Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana” (Pacem in terris, 17).
Altro che alba luminosa del III millennio è piena notte buia. Il mercato delle armi è sempre più fiorente. Mentre i mercanti di morte si arricchiscono, i poveri continuano a morire e quelli che sopravvivono aspettano che qualcuno si ricordi di loro.
Un mondo in armi non è più sostenibile né moralmente (centinaia di migliaia di vite umane distrutte), né economicamente (un mondo armato costa caro, miliardi di euro in fumo).
Che causa giusta ci può essere per legittimare una guerra, un genocidio o un’ecatombe? Poi tutti credono di essere nel giusto e nessuno si ferma. Tutti presumono di fare una guerra difensiva e dicono di rispettare i diritti umani. Infine la guerra fa prevalere la forza, non invece, come dovrebbe essere, il diritto.
Le spese militari uccidono tre volte: le persone colpite dai proiettili; la coscienza di chi spara; i poveri cristi senza prospettiva.
La questione si fa seria, non ci rimane molto tempo per non soccombere.Il taglio alle spese militari è inevitabile: è un atto dovuto agli indigenti e una saggia scelta economica.
Ai governati un imperativo morale: riducete, fino a eliminare, le spese militari, rimettete in cima alla vostra agenda i diritti umani, oggi negati e calpestati perché i poveri non possono, e non vogliono, più aspettare.
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