«Dobbiamo prendere una nuova strada»

«Nella Città metropolitana dobbiamo entrare con la consapevolezza di poter contribuire alla sua costruzione. E dovremo essere capaci di non perdere del tutto le nostre istituzioni. L’elemento decisivo saranno i sindaci».

È nelle fasce tricolori del nostro territorio che Ettore Grecchi - presidente del Consorzio Muzza Bassa Lodigiana e del Consorzio dell’Adda, sindaco di Livraga fino allo scorso anno ed ora consigliere comunale in paese - ripone la fiducia per un ingresso “con pari dignità” nella Città metropolitana. Se ben coordinati, dice, i sindaci avranno tutta l’autorevolezza per trattare il nostro futuro con Milano.

Ormai ci apprestiamo ad entrare nella “fase 2” del dibattito sul futuro del Lodigiano, quella sull’operatività. E’ anche lei dell’opinione che sia meglio non perdere altro tempo? Il rischio, dicono in tanti, è che altri possano decidere per noi...

«Sì, bisogna stringere i tempi e avviare i contatti con Milano anche se non c’è ancora un quadro normativo delineato. Dobbiamo farci trovare pronti in qualsiasi momento, l’autonomia rappresentata dalla Provincia ormai è persa ed è certo che dovremo prendere una nuova strada. Ora lo sforzo sarà mantenere degli spazi di autonomia interloquendo con il comune di Milano, la Camera di commercio di Milano e la Regione. La Città metropolitana è una realtà nuova, dobbiamo contribuire alla sua formazione facendoci valere».

Disco verde, dunque, all’iniziativa della Provincia che ha fatto propria la proposta uscita dalla Festa dell’Unità, quella di costituire una delegazione di sindaci con a capo Uggetti e Soldati...

«C’ero anch’io a quell’incontro alla Festa dell’Unità e mi sono trovato d’accordo con la proposta lanciata dal segretario provinciale del Pd. I sindaci sono un esercito importante che possono fare la differenza. La delegazione dovrà però essere rappresentativa dell’intero territorio, dunque anche dei comuni più piccoli. E a mio avviso dovrà essere allargata anche a tutte le forze politiche. Così come vent’anni fa la politica ha rivendicato compatta la richiesta di autonomia, anche oggi deve farsi carico delle nuove necessità del territorio. Per il bene dei nostri cittadini dobbiamo essere uniti».

Gli imprenditori li lasciamo fuori?

«Non vanno certo esclusi dal dibattito, anzi. Ma credo sia più opportuno incontrarli in assemblee».

Quali sono gli “spazi di autonomia” che dovremo difendere?

«Tutti quelli rappresentati dalle istituzioni. Sarà importante mantenere sul territorio uno sportello della Camera di commercio, un commissariato di polizia, un ufficio della prefettura, un presidio dei vigili del fuoco. E’ impensabile che il nostro territorio perda tutti i pezzi. Chiamiamoli pure sportelli, ma di ogni istituzione qualcosa dovrà restare».

Pensa che l’obiettivo possa essere raggiunto?

«Sì, ma il comitato non potrà cantarsela e suonarsela. Dovrà subito darsi da fare e incontrare tutte le realtà della metropoli per capire se saremo accettati, richiesti o sopportati. Ed anche con la Regione, che su questo tema pare distratta, bisognerà avviare un dialogo. Siamo un’area omogenea, dovremo spenderci bene e rimanere coesi».

Con Pavia e Cremona nessun dialogo?

«Se ci legassimo all’Area vasta andremmo sicuramente incontro a qualche disavventura nella gestione dei servizi. Le aree vaste non sono contemplate a livello costituzionale, con un colpo di spugna potrebbero essere sconvolte in qualsiasi momento».

Un referendum sarebbe inutile?

«Il parere della cittadinanza è importante, ma l’elemento decisivo sono i sindaci, che sono stati eletti dagli stessi cittadini».

È d’accordo con chi sostiene che il governo abbia sbagliato tempi e modalità della riforma?

«Diciamo che il governo si è lasciato andare a qualche ragionamento di pancia per la spending review. Io ero assoluto sostenitore della permanenza delle Province, attraverso le quali qualsiasi procedura poteva essere snellita. Quando si fa capo solo alla Regione i rapporti sono meno umanizzati e più burocratici».

Unioni, fusioni, gestioni associate. Da amministratore di lungo corso cosa dice?

«Che dipende dalle situazioni. Le unioni possono avere risvolti positivi in termini di risparmio e di ottimizzazione dei servizi. Le fusioni vanno spiegate, fatte maturare senza premura affinché i cittadini capiscano il concetto di comunione di identità. Diciamo che come un antibiotico devono essere metabolizzate. Sulle gestioni associate dico che andrebbero fatte con criteri più aperti e meno vincolanti».

Quali vantaggi porterebbe la Città metropolitana al Consorzio Muzza Bassa Lodigiana?

«Proprio recentemente abbiamo siglato una convenzione con la Regione per la gestione di canali primari finora gestiti dallo Ster: il Brembiolo, il Guardalobbia, il Roggione, il Sillaro e il Venere. Sono canali colatori, piccoli fiumi spesso interessati da eventi atmosferici e che hanno bisogno di una manutenzione ordinaria e preventiva. Questo per dire che i rapporti sovralocali sono importanti per la gestione del territorio. E nella Città metropolitana avremmo maggiore facilità di interloquire con Milano e la Regione».

Immagino che il discorso coinvolga, seppur indirettamente, anche il Consorzio dell’Adda, una realtà non lodigiana ma la cui attività ha ricadute sul nostro territorio...

«Sì, gestisce le acque che dal Lago di Como confluiscono nell’Adda e che a Cassano sono dirottate anche sul nostro territorio attraverso il Consorzio Muzza. Ma in questo momento c’è un altro importante progetto in fase di studio che riguarda il Lodigiano...»

Quale?

«L’Aipo ci ha chiesto formalmente di realizzare uno studio di fattibilità per l’ultimo tratto del nuovo canale navigabile che va da Pizzighettone a Truccazzano e che dovrebbe attraversare tutto il Lodigiano. Stiamo già valutato la situazione, con molta attenzione alle interconnessioni con la Tem e la Brebemi, le nuove viabilità, i sottopassi e i sovrappassi. Tutto avrebbe un impatto importante sul Lodigiano. Non è scontato che il nostro studio si concluda con un parere favorevole. Però ancora una volta siamo qui a guardare a Milano».

Quali sviluppi potrebbe avere la nostra agricoltura nella Città metropolitana?

«Più che di sviluppi parlerei di riconferme. Nel senso che mi auguro che ci sia il riconoscimento del ruolo che l’agricoltura riveste sul territorio lodigiano, sia dal punto di vista economico che da quello della difesa dell’ambiente».

Parliamo dell’accoglienza degli immigrati. Le soluzioni estemporanee di oggi dovranno lasciare posto ad una pianificazione ragionata dell’emergenza. Pensa che nella Città metropolitana sarà possibile?

«Penso di sì, la Città metropolitana è un ragionamento che tranquillizza un po’ di più. Sono liberale fino al midollo e non mi scandalizzo di certo se il compito della gestione degli immigrati viene affidato ad una cooperativa, l’importante è che questa pratica non diventi speculativa e finalizzata al solo reddito. Mi spaventa l’intervento del privato che intende perseguire lo scopo economico. Dico però che le cooperative, se organizzate e monitorate, potranno dare una risposta al problema. Non vedo altra soluzione. E la Città metropolitana potrebbe dare un aiuto anche in questo senso. Bisognerà ragionare su piccoli nuclei disseminati in tutto il territorio e non su numeri rilevanti approfittando di un edificio abbandonato».

Anche lei è stato sindaco. Cosa pensa di quanto sta accadendo a Sant’Angelo?

«Non entro nel merito delle motivazioni di Crespi, che conosco e so che è persona di principi. Può essere che abbia voluto stigmatizzare la vicenda. Se ha agito onestamente per dare un segnale a chi di dovere, tanto di cappello. Sono situazioni difficili da interpretare dall’esterno. Non credo però che la sua presa di posizione sia stata dovuta ai numeri: 8 profughi in una comunità di 13.000 abitanti sono un’esiguità. Forse la sua decisione è stata la conclusione di un dibattito più complesso che l’ha preceduta».

Solita domanda finale. Fiducioso sul futuro del Lodigiano?

«Ho molta fiducia nei sindaci. Credo che grazie a loro faremo un bel lavoro che ci permetterà di tornare con Milano non da parenti poveri, ma da parenti che contribuiranno a determinare la costruzione della futura Città metropolitana».

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