Con la Città metropolitana a cercare il lavoro

«Milano offre ed ha sempre offerto al Lodigiano le migliori opportunità. Ma nella Città metropolitana dovremo essere capaci di riportare sul nostro territorio il lavoro, che manca tragicamente».

Oscar Fondi - segretario provinciale di Forza Italia, ex sindaco di Castiraga Vidardo e ora consigliere comunale, artigiano nel settore della gioielleria - dice di essere “assolutamente d’accordo” con la proposta lanciata da Mauro Sangalli in questa pagina: la definizione di un protocollo istituzionale che agevoli l’insediamento di nuove attività sul nostro territorio.

Pensa che sia una proposta realizzabile?

«Il Canton Ticino ha azzerato tutte le tasse per chi insedia da loro un’azienda, perché non potremmo farlo anche noi?».

Forse perché l’industria ci fa un po’ di paura. Dall’hinterland di Milano potrebbero arrivare molte richieste, forse troppe...

«Ma solo se arriva il lavoro il territorio riprenderà a fiorire, se no resterà un’isola chiusa, un dormitorio con belle case che non si aprono all’esterno. Anche qui a Castiraga Vidardo ormai non c’è più nulla. Prima c’erano la cartiera, la Philips e nei pressi le industrie chimiche. Poi tutto questo è stato espulso. Il risultato è che ora il territorio non offre nulla ai giovani in cerca di lavoro o a quelle persone che il lavoro l’hanno perso».

Quindi se fosse ancora sindaco lo firmerebbe il protocollo?

«Sicuramente, anche a costo di andare contro la volontà di una parte dei cittadini. Chi non vorrebbe l’ambiente preservato? Tutti lo vogliamo, ed oggi ci sono anche le strumentazioni tecniche per contenere l’inquinamento. Certo, le aziende inquinano, ma è l’attività umana che inquina, anche quando usiamo l’auto inquiniamo l’ambiente. Se l’industria è governata bene, non rovina il territorio. Sono convinto che alla fine la maggioranza dei cittadini capirebbe».

Come si esprimerebbero i vidardesi sul futuro del territorio?

«Sicuramente a favore di Milano».

Ma in paese se ne parla? C’è attenzione verso questo tema?

«Attualmente l’amministrazione è un po’dormiente e non sta sollecitando nessun dibattito. Per il cittadino comunque non cambierà sostanzialmente nulla, a meno che non si faccia davvero il protocollo e gli amministratori decidano di mettersi all’opera per portare la piccola e media industria sul territorio. Non ci si può soltanto lamentare per i tagli del governo, sarebbe il caso di proporre qualcosa».

Ripartire dall’ambiente e dall’agricoltura sarebbe un azzardo?

«L’agricoltura è quella che è, da sola non può bastare a rilanciare l’economia. In termini di reddito vale poco. Aiutiamola, sosteniamola, ma non aspettiamoci di risolvere così i problemi».

Una ragione valida per escludere l’accorpamento con Cremona. Giusto?

«Secondo me quella dell’area bassa è un’ipotesi da non prendere neppure in considerazione».

Eppure una ricerca promossa un anno fa dalla Regione, e svolta da Éupolis Lombardia, nelle simulazioni di riordino dei territori ci colloca con Cremona e Mantova. E ci dice che il saldo finanziario pro-capite dell’eventuale nuovo ente di area vasta, tra voci di entrata e di spesa, sarebbe pari a +1,75. Che dice?

«Ma i nostri pendolari vanno tutti su Milano. Verso il capoluogo abbiamo collegamenti stradali e ferroviari diretti. E ci sono ragioni storiche che ci legano a Milano. Io dico che dobbiamo impegnarci per portare qui il lavoro e che nella Città metropolitana avremmo maggiori possibilità di raggiungere questo obiettivo. Se portiamo qui l’industria, il resto viene da sé».

Quale resto?

«Lo sviluppo dell’artigianato e del commercio. Comunque, nonostante le ipotesi e i risultati di quella ricerca, mi sembra che Maroni sia favorevole al ritorno di Lodi con Milano».

Pare di sì, forse la volontà del territorio sta cominciando a farsi sentire. Soldati ha detto che si è perso fin troppo tempo, giovedì incontrerà in Provincia le associazioni di categoria. E per novembre è prevista la costituzione della squadra di sindaci che dovrà trattare con Milano. E’ d’accordo con la regia di palazzo San Cristoforo?

«Sì, e penso che anche per i sindaci sia il momento giusto per incontrarsi. Sulla composizione della delegazione sono stato interpellato da Santantonio alla Festa dell’unità, il giorno dell’incontro con il vicesindaco della Città metropolitana Cominicini».

E cos’ha risposto?

«Che la delegazione dovrà essere il più possibile rappresentativa del territorio. So che dovrebbero farne parte i sindaci di Lodi, Casale, Codogno e di alcuni piccoli comuni. Oltre naturalmente a quello di Sant’Angelo, che però adesso non c’è».

E gli imprenditori? C’è una corrente di pensiero che li vorrebbe in pima fila...

«Credo che abbiano gli spazi in cui agire per conto proprio. La politica deve prendersi le sue responsabilità, ed anche le segreterie di partito devono fare la loro parte».

Lo sviluppo economico non è di per sé indice di garanzie sociali. Anche di questo bisognerà tener conto, non crede?

«Sono d’accordo. Il territorio non si può sviluppare solo sulla finanza, la crescita sociale è molto importante, le due cose devono procedere di pari passo. Il fatto è che qui mancano politiche sociali che possano ridare fiducia a chi è in difficoltà col lavoro. È vero che la Regione sostiene delle politiche attive, ma hanno significato in altri territori dove riescono ad avere un compimento, qui è difficile. La fotografia del Lodigiano di oggi è sotto gli occhi di tutti, ed è quella di un territorio in grandissima difficoltà».

E che secondo alcuni potrebbe dividersi al momento della scelta. Lei che dice?

«I comuni della Bassa sono più distanti dai riferimenti con Milano. E quelli più piccoli sono un po’ troppo chiusi. È una discussione che i sindaci devono affrontare tutti insieme».

Se le chiedessi cosa pensa della legge Delrio?

«Risponderei che è un disastro dalla a alla zeta. Non so come sia stato possibile attuare una legge così disastrosa. Ha ridotto le Province in uno stato comatoso tagliando la parte politica e lasciando i dipendenti senza certezze. Pochi avrebbero potuto fare peggio di così. E’ stato un annuncio elettoralistico, come tanti di questo governo. Un provvedimento con una logica inattaccabile ma in pratica disastrosa. Lo stesso discorso vale per il Senato: volevano toglierlo, ma è ancora lì. Il centro di spesa c’è ancora, non si è tagliato nulla».

Della bozza della legge di stabilità salviamo qualcosa?

«Al momento sto leggendo solamente degli spot, qui in periferia non ci possiamo ancora esprimere».

Un’idea se la sarà pur fatta...

«Sull’abbassamento delle tasse non si può che essere d’accordo, ma bisogna vedere dove sono le coperture, delle quali si dice che saranno a debito. Quelle di Renzi sono tutte manovre che vanno a debito e andranno ad influire sulle prossime generazioni. Per non parlare della furbata del canone Rai: ce lo tagliano, poi però ce lo fanno pagare in bolletta. E la signora marchesa è servita».

Quella delle manovre a debito è però una costante dei governi italiani...

«Sì, ma sarebbe ora di invertire la marcia. Se lungo la strada siamo andati a sbattere contro un muro, ora è il momento di mettere la retromarcia o almeno di fermarci prima di andare a sbattere ancora».

Dicono tutti che Renzi stia copiando Berlusconi. Però Berlusconi le riforme di Renzi non le ha fatte...

«Berlusconi ha sempre detto: datemi il 51 per cento e io vi porto a casa le riforme che servono al Paese. E poi lui è sempre stato in coalizione, e quando sei in coalizione devi mediare, per ottenere qualcosa devi anche dare qualcosa».

Se però il riformismo liberale del centrodestra è rimasto sulla carta non è stata tutta “colpa” della coalizione. Diciamo la verità: Berlusconi è stato un abile conservatore, consapevole del fatto che gli italiani non amano le riforme...

«È vero, gli italiani non amano assolutamente le riforme. Si lamentano per la mancanza di riforme serie, ma non accettano quelle che li riguardano da vicino. Ogni riforma va a toccare la carne viva di una categoria di cittadini, però io dico che se da una riforma esce un tessuto sociale più rinforzato è bene che si faccia. L’italiano medio una riflessione dovrebbe farla su questo tema».

Come immagina il futuro del centrodestra?

«Credo Che Berlusconi sia intenzionato a ridargli slancio, cominciando da Forza Italia. Certo, ha le mani legate dalle vicende giudiziarie, ma è abbastanza stanco di averle legate e tornerà ad essere protagonista. Quanto a Salvini, rappresenta benissimo la pancia di un elettorato incavolato. E’ però una parte di centrodestra. Le due parti possono essere complementari, qui sul territorio già lo sono. E credo che anche a livello nazionale si possa fare un ragionamento del genere».

E il futuro del Lodigiano come lo vede?

«Se tutti i comuni aderiranno alla Città metropolitana e se la classe dirigente saprà farsi parte attiva, il Lodigiano potrà rinascere. E tornare quello che era un tempo».

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