Si fa presto a dire panettone! VIDEO
CUCINA DELL’ANIMA Alla ricerca del panettone del cuore
Non è certo una classifica di merito. Neppure un elenco compilativo. Il panettone, però, sulle tavole lodigiane è un bene irrinunciabile. So per certo di pasticceri che rifiutano, già da qualche giorno, nuove ordinazioni non riuscendo a rientrare nei normali ritmi produttivi, straordinari compresi.
Si parte da Abbadia Cerreto
Non essendo questa una mera esposizione di nomi e cognomi, con di fianco gli indirizzi, ma una mia personale ricerca del panettone del cuore, un gesto romantico ricordando luoghi in cui sono stato bene, non potevo che andare a trovare il mio amico chef Stefano Scolari dell’Antica Osteria del Cerreto, ovviamente ad Abbadia Cerreto: lo sento di rado, ma quando mi capita percepisco in lui un tono affettuoso e sincero, nella voce, nei modi, che non fa pesare affatto il tempo che inesorabile scorre senza la possibilità di incontrarsi anche solo per fare due chiacchiere.
A Stefano Scolari sono inoltre debitore di una bellissima esperienza: devo a lui il fatto di essere diventato, per così dire, un viandante del gusto. È stato proprio assaggiando il suo panettone, che ho capito quanto le capacità artigianali facciano la differenza, e ogni volta che mi trovo fuori, spesso sui monti, tra il Tonale e il Trentino, cerco quei luoghi dove le lavorazioni sono ancora fatte in bottega, da mani sapienti, e chiedo, mi informo, indago, assaggio e mi appago.
Il locale di Stefano Scolari è stato quest’anno inserito nelle osterie di Italia segnalate nella guida Slow Food e da L’Espresso è stato menzionato fra i 300 migliori ristoranti del nostro paese, da Sud a Nord, isole comprese. Mi racconta lo chef Scolari: «Il nostro panettone, realizzato con lievito madre, è ripieno di miele, un Millefiori molto leggero proveniente da Borgo Val di Taro, e cioccolato, un fondente extra al 72 per 100 di eccellente marca. Ne faccio, in questo periodo, circa 150. Alcuni li mettiamo in vendita diretta, altri sono per la porzione di dolce servito in tavola; in questo caso, lo proponiamo accompagnandolo con una crema al cioccolato bianco, tranne per chi sia abituato al gusto del mascarpone, e nell’eventualità c’è anche quello. Un segreto per gustarlo nel migliore dei modi? Sicuramente mangiarlo tiepido. Per chi lo acquista posso dare un suggerimento: accendere il forno intorno ai 70°, portarlo dunque a temperatura, quindi spegnerlo e a quel punto riporvi all’interno il panettone con il suo sacchetto di cellophane. Oppure metterlo sopra un calorifero per la durata del pranzo. Il calore ne garantisce morbidezza e gusto».
San Rocco al Porto
Dalla Bassa mi giunge una preziosa segnalazione, che fa riferimento ad un ottimo panettone prodotto dal Panificio di San Rocco al Porto, di Giacomo Rebecchi. Lui è il titolare della panetteria – negozio storico con oltre 50 anni di attività – e al tempo stesso direttamente il fornaio, appassionato del proprio lavoro e attento osservatore dei gusti altrui. Mi dice: «Una premessa, seppure basata sulla parola, che, come noto, costituisce un valore: sono uno dei pochissimi che usa il lievito madre vero, quello non polverizzato, con le produzioni che conseguentemente variano per ogni singola lavorazione. Il panettone che in assoluto preferisco preparare è quello classico, con uvetta, candidi, burro, gli ingredienti del disciplinare; d’altra parte, è anche quello più richiesto dai miei clienti. Ma al secondo posto metto quello con il cioccolato. Negli anni ho accettato di farne di più tipi: per esempio il mandorlato ricoperto con la glassa. O con pere e cioccolato. Faccio pure il panettone senza niente, ma è sempre lo stesso impasto, sarebbe giusto chiamarlo veneziana. Un’altra specialità, recente, è il panettone con i frutti di bosco, misti: ribes, more, lamponi, ma non voglio prendermi meriti, è nato da una richiesta di alcuni clienti. In panificio propongo anche la vendita a fette, singolarmente confezionate: un’idea per evitare lo spreco e per fare conoscere i nostri prodotti».
Secugnago
Altra tappa dal maestro pasticcere Giuseppe Vaccari, dell’omonima pasticceria in quel di Secugnago: quando lui descrive i suoi dolci, ripropone sempre con delicatezza i suoi ricordi dell’infanzia, la nostalgia per l’indimenticato zio Tranquillo, che già da bambino gli insegnò il mestiere; togliesse il berretto da toque blanche, Giuseppe potrebbe indossare quello del cantastorie: «Per fare un buon panettone occorrono quasi due giornate di lavoro; è un impegno importante, ma per me questo è il dolce che veramente rappresenta la festività del Natale ed il richiamo della famiglia: quindi ci tengo che, al di là del prestigio personale, venga servito un buon dolce, perché esprime un significato profondo. Io ne faccio di 9 tipi, escluso ovviamente quello farcito con prodotti gastronomici, di pesce e di salumi vari, che però è tutt’altra cosa, altrimenti sarebbe il decimo. Vado perciò da quello più classico, con i prodotti canonici previsti dal disciplinare, a quello denominato Veneziana, con candidi all’arancia e glassa di mandorle; poi quello farcito esclusivamente di cioccolato; o quello con pere e cioccolato; c’è poi quello liscio, simile al pandoro, ma che al contrario mantiene la forma classica del panettone. Qualche esempio di quelli più alternativi? Direi quello a strati, con cioccolato a scaglie e con crema chantilly; oppure quello al pistacchio. Alternativo è anche quello al marron glacé, molto apprezzato da chi ama il gusto della castagna. Se facciamo un altro specifico dolce natalizio, oltre ai nostri diversi panettoni? Certo, anche perché ogni stagione oramai ha il suo dolce simbolico realizzato con la pasta foglia: nel mese di dicembre le stelline farcite con differenti farciture».
San Martino in Strada
Ultima tappa, presso la frazione Cà de Bolli, a San Martino in Strada, al Panificio Artigianale “La Luna nel pozzo”: ritrovare Alessandro Forti, titolare della bottega con il fratello Angelo, il primo con le mani sempre infarinate, il secondo dedito a tutti gli aspetti commerciali, è sempre un vero piacere.
Alessandro, che una volta si è autodefinito fornattiere, con conio che andrebbe proposto all’Accademia della Crusca, sta lavorando alacremente in questi giorni, in quanto le richieste, rispetto allo stesso periodo natalizio dell’anno precedente, sono quasi raddoppiate: «Sono già arrivato a sfornare 550 panettoni e penso di doverne fare almeno altri duecento: l’artigianalità del prodotto, d’altra parte, significa proprio questo: non puoi che lavorarlo al momento. Prediligo due tipi di panettone: quello classico. Fatto con farina di grani antichi, nello specifico farro monococco con la classica farcitura di uvette e candidi di cedro, arancia e pera. Oppure, viceversa, consigliato per chi soffrisse di intolleranza al glutine, quello realizzato con il 100 per 100 di farina di quinoa con cioccolato, uvetta, e in testa una farcitura di granella di mandorle».
Il mio viaggio sul territorio attraverso dolci e dolciumi natalizi non si conclude qui. Perché sono veramente numerosi i luoghi da scoprire, e sono davvero tanti i pasticceri e i fornai che meritano una visita, un confronto, un approfondimento.
Ma è già tempo di pensare a qualche idea per i piatti da servire a tavola il giorno di Natale. E forse un suggerimento potremmo anche proporlo.
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