«Lodi scommetta su innovazione digitale e cura per l’ambiente» VIDEO

Per Alessandro Zucchetti nel Lodigiano è indispensabile un cambio di mentalità

Il mondo evolve e cambia. È il momento di guardare avanti anche per Lodi. Bisogna puntare su innovazione digitale e sostenibilità. Parola di Alessandro Zucchetti, guida del colosso d’informatica, che invita a un nuovo sprint per il capoluogo, dove la software house conta 15 sedi e 1.200 dipendenti: dal primo ottobre si è anche allargata nel palazzo Renzo Piano in via Polenghi e ora occupa metà dell’immobile Bpl.

Lei è presidente di un’azienda che è modello di crescita, con una media di 300 assunzioni all’anno, cosa suggerisce per dare più slancio all’economia cittadina?

«Anzitutto un discorso di mentalità. Si è spesso portato avanti un’idea di Lodi a forte vocazione agricola, anche se la forza trainante della nostra economia arriva da altri settori. Va bene l’importanza della conoscenza della storia, della cultura e di quello che siamo stati, ma a volte sembra quasi che non si voglia puntare lo sguardo in avanti».

Lodi allora su cosa dovrebbe puntare?

«Nel passato sono stati fatti diversi investimenti che andavano in una cera direzione, penso all’università, alla fiera, al Parco tecnologico padano. Poco è stato invece speso sul tema della digitalizzazione e dell’innovazione, dove noi siamo presenti come azienda. Ma è questa la direzione del futuro: ormai non solo le società informatiche, ma qualsiasi tipo di azienda ha la necessità di dotarsi di strumentazione per il controllo di gestione, per la dematerializzazione dei processi, tutte funzioni che permettono di rendere il lavoro più efficiente».

Ritiene quindi che sia stati commessi errori?

«Di certo si poteva guardare di più verso i trend evolutivi. Si sono spese importanti risorse, quando l’economia era già cambiata e si poteva puntare su prospettive decisamente più interessanti».

Anche l’università di veterinaria è stata uno sbaglio?

«Se penso all’indotto di Zucchetti, avere una collaborazione con un’università di informatica e o di ingegneria, come ad esempio il Politecnico, avrebbe giovato molto. Così come ritengo che avrebbe portato benefici a giovani in cerca di un’occupazione. Università interessate a dislocare sedi sui territori non mancavano».

Ora però dobbiamo fare i conti con quanto abbiamo. Come valorizzarlo e come guardare al futuro?

«Beh, dal punto di vista dell’impresa, le amministrazioni pubbliche dovrebbero favorire l’insediamento di nuove realtà e, come già menzionato, investire nella digitalizzazione, ed è necessario puntare sulla banda larga. Dalla parte del cittadino invece, in un tempo in cui le risorse sono limitate, credo che occorra rendere sempre più vivibile il territorio urbano, con miglioramenti graduali. Sono più opportuni investimenti per abbellire il contesto paesaggistico e di decoro cittadino che spese per creare attrattività o fare marketing territoriale e portare visitatori da fuori. Diventeremo un centro davvero attrattivo se saremo capaci di valorizzare ciò che siamo, quindi riqualificando e intervenendo ad esempio sul verde, come l’Isola Carolina o la Cattedrale vegetale, un’opera che purtroppo è durata poco ed è dispiaciuto per questo;anche noi come Zucchetti avevamo dato il nostro contributo per la costruzione. Altro tema poi su cui insistere è quello della sostenibilità ambientale».

Quali progetti ha in mente per favorirla?

«Per quanto riguarda le urbanizzazioni è importante favorire una crescita più verticale, magari in alcuni contesti di ingresso o ai margini della città. Le costruzioni residenziali sviluppate in verticale consentirebbero di avere maggiore verde intorno. Sul fronte più proprio dell’edilizia, inoltre, io guarderei all’esperienza dei Paesi nordici, che hanno puntato su case a consumo energetico quasi zero. Incentivare queste forme di sostenibilità è un bene per la città. Noi con la ristrutturazione della nostra torre uffici abbiamo ottenuto un’importante certificazione mondiale sulla sostenibilità dell’edificio, che tiene conto dei parametri costruttivi, tra cui il monitoraggio energetico e anche gli smaltimenti delle demolizioni del cantiere. In più l’intera parete sud dell’edificio insieme al tetto ha degli impianti per il fotovoltaico».

Cambiando discorso, l’emergenza Covid che impatto ha avuto sul gruppo Zucchetti?

«Dal 21 febbraio, il giorno in cui è stato scoperto il primo caso nel Lodigiano, abbiamo messo subito tutto il personale in smart working, anche se inizialmente non eravamo completamente attrezzati per farlo perché non tutti avevano a disposizione il notebook e hanno dovuto usare il pc di casa, ma abbiamo preferito dare priorità alla salute dei dipendenti. Fino ad allora non avevamo mai testato lo smart working per tutti i lavoratori, c’era soltanto alcuni casi in azienda che usufruivano di questa formula. Averlo testato in modo tanto allargato è stato un cambiamento radicale. Il ritorno però è stato positivo: i lavoratori sono stati responsabilizzati e siamo riusciti ad erogare i servizi per i clienti. Dalla metà giugno il modello è invece cambiato e ora i dipendenti lavorano in uffici due o tre giorni alla settimana, gli altri si collegano da casa».

Il nuovo modello di smart working come cambierà nel futuro le vostre politiche aziendali?

«In generale abbiamo visto che le persone hanno risposto bene e la maggioranza del personale ha gradito questa organizzazione. A livello logistico ci servono comunque uffici ampi, per consentire il distanziamento sociale, ma in futuro un discorso di razionalizzazione delle sedi andrà fatto, sia su Lodi che sul resto d’Italia, dove contiamo oltre 100 sedi e un totale del gruppo di più di 6.500 dipendenti».

In questo discorso rientra anche il My Lodi: il centro commerciale di via Grandi diventerà sede per uffici?

«Ribadisco che il nostro obiettivo è puntare a un riorganizzazione delle sedi operative, anche su Lodi».

Un’altra grande trasformazione a Lodi è quella in programma all’ex Consorzio agrario. Anche Zucchetti sarà parte di quel progetto, giusto?

«Su un’area di 27mila metri quadrati, noi abbiamo firmato un contratto preliminare di acquisto di mille metri quadrati di uno spazio industriale, con l’obiettivo di puntare all’ampliamento dell’azienda del gruppo, Alto servizio. Ma ora nel piano integrato che è stato presentato in Comune non si trova riscontro di quello spazio per il nostro ampliamento. In generale comunque ritengo che una destinazione commerciale per quell’area fosse la sua naturale destinazione, insieme ad eventuali insediamenti residenziali, a cui il proponente ha voluto rinunciare per fare parcheggi a servizio del supermercato».

Quali sono ora le vostre prospettive di sviluppo dopo l’emergenza Covid?

«Stiamo guardano molto al discorso della digitalizzazione e ai pagamenti digitali per offrire una maggiore integrazione con le nostre soluzioni tecnologiche. Per sviluppare questi percorsi stiamo acquisendo delle competenze esterne.

Sul fronte dei fatturati abbiamo subito una contrazione durante i mesi dell’emergenza, ma stiamo recuperando bene, e con le acquisizioni di start up fatte anche quest’anno contiamo di avere anche nell’anno del Covid il segno più».
Matteo Brunello

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