L’INCHIESTA Covid, la strage di marzo che ha segnato il Lodigiano

Nel mese +355% di decessi, il doppio che in regione

Non che ci fossero dubbi. È stato marzo il mese più orribile della pandemia per la provincia di Lodi, quello in cui il Covid-19 ha falciato più vite, devastato famiglie, straziato intere comunità. Le statistiche parlano chiaro, l’analisi dei dati Istat sul numero dei decessi, la loro drammatica progressione e l’impietoso confronto con i valori degli anni precedenti confermano nella loro crudezza la tragicità di quei giorni. E rivelano come il territorio lodigiano, dove per primo il virus è stato riconosciuto e si è manifestato come tale, abbia pagato a quella prima terribile ondata un prezzo pesantissimo, ben superiore al complesso della Lombardia dove, a fronte di province altrettanto duramente colpite, altre hanno avuto il tempo di alzare il livello delle protezioni e contenere - per quanto possibile e sia pure nella drammaticità dell’emergenza - la diffusione del contagio.

Nei primi cinque mesi del 2020 i decessi registrati nei 60 comuni del Lodigiano sono stati 1.950 contro i 1.028,8 che rappresentano la media dei cinque anni precedenti. L’incremento è stato dell’89,5 per cento: significa che le morti sono state quasi il doppio del “normale”. Il dato lombardo fa di contro segnare un +57,2 per cento, poco più di una volta e mezza: un indicatore altrettanto drammatico - certo -, ma che indica una differenza. E la differenza sta tutta in quel marzo di morte.

Un mese orribile

Se in gennaio e febbraio le variazione nel numero dei decessi in provincia erano sostanzialmente marginali, il terzo mese dell’anno, con il Covid a imperversare, ha fatto registrare in provincia 966 morti a fronte di una media quinquennale di 212,2: siamo a +355,2 per cento, cioè un numero di decessi quattro volte e mezzo la media degli anni precedenti. Una autentica strage, certo non completamente riferibile agli effetti della pandemia, ma per almeno tre quarti sì. Oltre tutto, quelle 750 vittime in più rappresentano un quadro significativamente superiore ai 473 decessi ufficialmente attribuiti alla pandemia nel report regionale del 2 aprile e lasciano intendere come un certo numero di casi sia probabilmente sfuggito alle rilevazioni delle autorità sanitarie. A oggi i decessi ufficialmente attribuiti al Covid sono 708, a fronte di un incremento in termini assoluti rispetto alla media del periodo di 920.

Altro aspetto. Nello stesso mese di marzo la regione Lombardia nel suo complesso ha registrato 25.301 decessi, poco meno del triplo rispetto alla media 2015-2019: un incremento del 182,7 per cento, la metà rispetto a quello rilevato nel Lodigiano. Da noi, sul fronte della mortalità, il Covid ha colpito non solo prima, ma con maggiore durezza.

Rapporti rovesciati

I rapporti si sono per altro rovesciati se ci si riferisce al mese di aprile, dove le misure di contenimento e il progredire della conoscenza sul virus, nonché delle terapie applicabili ai pazienti, hanno cominciato a far sentire i loro effetti. Nel periodo i decessi totali in provincia di Lodi sono stati 346, quasi un terzo rispetto al mese di marzo, sia pur ancora abbondantemente al di sopra della media quinquennale di 184,4: l’incremento è però passato da +355 a +85,3 per cento, quando nel complesso della regione le morti totali sono cresciute del 117,7 per cento, quindi con un incremento maggiore rispetto al Lodigiano. Segno che almeno in alcune aree della Lombardia la pandemia ha mostrato i suoi effetti più letali con ritardo rispetto alla provincia di Lodi. A maggio poi la fluttuazione negli indici di mortalità si è omologata per tutto il territorio lombardo, provincia di Lodi inclusa, attestandosi attorno al +8 per cento rispetto alla media.

Differenze tra comuni

Anche all’interno della stessa provincia, il Covid non ha colpito ovunque con eguale intensità. Se marzo è stato orribile per tutti, ancor più lo è stato ad esempio per Castiglione d’Adda. La comunità della Bassa ha sofferto in quel mese ben 54 perdite: un incremento dell’831 per cento, nove volte di più della media degli ultimi cinque anni (5,8). Codogno, suo malgrado “capoluogo” della prima zona rossa, ha dovuto registrare 115 decessi (+525 per cento, oltre sei volte la media), Casalpusterlengo 76 (+413,5 per cento, cinque volte il dato standard). Più ci si allontana dalla Bassa, più le percentuali di crescita - per quanto significative - si fanno più contenute. Lodi ha pagato in marzo un conto di 201 morti, il 333,2 per cento in più, quindi quattro volte la media; Sant’Angelo Lodigiano poco meno: +284,1 per cento, 53 vite in termini assoluti.

In aprile l’incremento si è fatto più contenuto, ma mentre nei centri maggiori si è mantenuto sopra il cento per cento (+135 a Codogno, +119 a Casalpusterlengo, +104 a Lodi, ma “solo” +21 a Sant’Angelo Lodigiano), altrove ha mostrato già un progressivo riallineamento alle medie: Castiglione d’Adda, per esempio, ha contato in aprile 7 decessi contro i 5 del 2019 e addirittura i 9 del 2018.

Conclusione

Le statistiche, con la loro fredda logica, non devono tuttavia far dimenticare che dietro i numeri si celano delle vite tragicamente spezzate, persone che se ne sono andate lasciando un’eredità di dolore e rabbia che a distanza di mesi è ancora comprensibilmente lontana dall’essere metabolizzata. Tanto più nel riaccendersi dell’emergenza che richiama tutti all’ordine e alla massima attenzione. Quella lezione di marzo non può essere dimenticata. Perché almeno tutte quelle persone non siano morte invano.n

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