Violenza e abusi tra i giovani, quando il confine è labile

L’editoriale di Silvia Rossetti

Una recente indagine condotta dall’istituto di ricerche Ipsos per conto di ActionAid (https://www.ipsos.com/it-it/violenza-adolescenti-italia-indagine-ipsos-actionaid) su un campione rappresentativo di circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 19 anni, si è occupata di mettere a fuoco la percezione che gli adolescenti hanno della violenza, il modo in cui reagiscono e si difendono, quale ruolo giocano stereotipi e pregiudizi di genere nelle relazioni con i pari.I dati raccolti evidenziano che l’80% dei giovani interpellati è concorde nel ritenere abusanti determinati comportamenti: utilizzo della violenza fisica, rapporti sessuali senza consenso, palpeggiamenti delle parti intime, diffusione di foto intime, ecc. Una minoranza, non troppo esigua, però, risulta avere idee non troppo chiare e addirittura fuorvianti rispetto ai concetti di violenza e abuso: un giovane su cinque, infatti, ritiene che una ragazza possa contribuire a provocare la violenza sessuale se mostra un abbigliamento o un comportamento eccessivamente provocante, o che toccare le parti intime di una persona senza consenso non sia violenza.

Gli adolescenti intervistati hanno riferito che sono i ragazzi maschi, soprattutto se in gruppo, e gli uomini adulti a rendersi spesso protagonisti di azioni violente e che i principali motivi che espongono alla violenza sono le caratteristiche fisiche delle persone, l’orientamento sessuale e l’appartenenza di genere.

Gli spunti sono molteplici e dovrebbero invitare a una riflessione più articolata.

L’interrogativo più urgente riguarda i principi e i fondamenti che sono alla base della capacità di discernere ciò che è violenza da ciò che non lo è. Quali sono i parametri di riferimento dei nostri ragazzi?

Difficile dirlo. Alla base di un comportamento equo, corretto ed equilibrato dovrebbero esserci dei modelli educativi e dei solidi principi etici. Che tipo di aria respirano oggi i nostri giovani?

Alcuni studi specialistici riferiscono che, spesso, le manifestazioni di violenza e aggressività sono determinate da una sistematica distorsione dell’immagine di sé e del mondo circostante. Oggi, purtroppo, questa è una tendenza che riguarda l’intera comunità e non soltanto i singoli o i giovani. I nostri ragazzi sono esposti continuamente a immagini e narrazioni di aggressività e violenza “filtrata e assistita” attraverso media, pubblicazioni, videogames, musica, intrattenimento, ecc.

L’utilizzo abituale da parte di bambini e ragazzi delle nuove tecnologie, da un lato ha ampliato le loro possibilità di esperienza e di relazione, dall’altro ha modificato (non in senso migliorativo) le modalità di comunicazione e si è rivelato sempre più di frequente lo scenario di forme di violenza anche molto gravi. Questi mezzi, tra l’altro, concorrono spesso ad alterare e distorcere nei giovani e giovanissimi l’immagine di sé e del mondo circostante.

Non tutti ritengono che la sovraesposizione a una violenza simulata possa condurre un individuo in crescita e in evoluzione ad avere comportamenti aggressivi nella vita reale. C’è chi, infatti, non è convinto che esista questa diretta correlazione. Tuttavia è certamente inconfutabile il fatto che negli ultimi decenni la violenza - nelle serie come nei videogames, in Internet e sui social - sia considerevolmente aumentata. Criminalità, scontri fisici, maltrattamenti, abusi sessuali e via discorrendo sono diventati catalizzatori di audience: il “male” affascina, lo ha sempre fatto, ma oggi è divenuto un vero e proprio business.

Una questione su cui varrebbe la pena di soffermarsi è il cosiddetto effetto di abituazione, ovvero quel processo secondo il quale la ripetizione continuata di uno stimolo determina la diminuzione dell’intensità e della durata di una risposta, fino all’estinzione della risposta stessa. L’abituazione è, in sostanza, il contrario della sensibilizzazione.

Da non sottovalutare, poi, il fenomeno del “contagio sociale”, il meccanismo alla base di questo è l’imitazione, che è una caratteristica innata nell’essere umano soprattutto in età giovanile.

A volte, banalmente, ci si avvicina al male per sconfiggere le proprie paure, soprattutto quando sembrano non essere disponibili modelli alternativi.

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