Sudmilano, un territorio che invecchia. Ma con un tessuto produttivo di qualità

Il commento di Marco Ostoni

Un territorio che invecchia, ma che mantiene un tessuto produttivo di qualità (e con un numero di addetti in crescita), collocandosi a metà strada fra Milano e Lodi, con statistiche che lo avvicinano però più a quest’ultima provincia che ai dati medi di Città metropolitana.

L’analisi incrociata dei dati dell’ultimo censimento e del dossier economico Valore Impresa promosso dal “Cittadino” con l’Università Cattolica di Cremona, fotografa un Sudmilano con un’identità piuttosto precisa, a dispetto della sua eterogeneità fatta di piccoli centri (quelli dell’asse Cerca/Binasca), grandi nuclei abitati (San Donato, Peschiera e San Giuliano) e realtà di medie dimensioni quali Melegnano, Paullo e Mediglia. Con ciascuna di queste realtà che presenta peculiarità assai diverse, anche all’interno dello stesso “raggruppamento” (si pensi, ad esempio, alle distinte vocazioni economiche di San Donato e San Giuliano, caratterizzata dal terziario e dai servizi la prima, con una matrice più industriale e produttiva la seconda).

Sul piano generale, lasciando a margine la valutazione di tipo economico già analizzate in settimana su queste pagine, il dato che emerge con forza è quello del calo demografico, che prosegue ormai da qualche anno e che nel solo 2020, l’anno più duro dell’epidemia di Covid, ha visto calare di oltre 3mila unità la popolazione dei 15 comuni di zona, scesa ampiamente sotto i 175mila abitanti. Meno nati, più morti (a fronte di una quota di anziani in crescita costante ormai da decenni) e un saldo negativo fra immigrati ed emigrati fanno sì che le dinamiche demografiche segnino il “rosso”, poco aiutate anche dal dato degli stranieri, pari al 12 per cento della popolazione complessiva, ben al di sotto del dato di Milano (vicina al 20 per cento) ma anche di quello medio di Città metropolitana (15 per cento).

Nei suoi movimenti “macro” il Sudmilano si allinea al trend regionale e del Nord Italia in generale fotografato dal Censis, che vede in chiaro arretramento la popolazione, con un calo delle nascite non più colmato dai nuovi ingressi e un’età media ormai ben superiore ai 40 anni, con quote di anziani che in alcuni centri doppiano letteralmente quelle degli under 25. Il dato sul numero medio dei componenti per famiglia (2,31) è sì migliore di quello meneghino e provinciale (rispettivamente 1,8 e 2,1) ma non induce a grande ottimismo circa la possibilità di un’inversione di rotta. Una simile situazione, al di là delle ragioni storico-congiunturali generali da cui dipendono, non può non mettere in allerta le amministrazioni territoriali, che dovranno mettersi nelle condizioni di saper gestire in modo adeguato i servizi rivolti a una popolazione sempre più anziana. Il tema è noto, ma l’accelerazione del trend è evidente, anche sull’onda dell’epidemia, e l’attenzione degli enti locali (dai Comuni al Pirellone) deve farsi massima, al pari di quella delle autorità sanitarie. Servono proposte e progetti concreti e servono servizi adeguati ai nuovi, montanti bisogni. Di questo, soprattutto di questo, si deve ragionare e, ancora una volta, l’occasione delle imminenti elezioni è l’occasione per farlo. Ma bisogna coglierla…

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