Solo la buona agricoltura difende il nostro territorio

Il commento di Antonio Boselli

Il 5 dicembre si celebra la Giornata mondiale del suolo e questo deve rappresentare un momento importante di riflessione. La capacità dei boschi e di una moderna agricoltura di fornire cibo, assorbire anidride carbonica e contrastare i cambiamenti climatici di cui tutti subiamo le conseguenze, partono da una gestione sempre più corretta e sostenibile del suolo agricolo e forestale.

Viviamo in Lombardia, prima regione italiana per industrializzazione e siamo comunque la prima regione agricola italiana, i nostri terreni subiscono continuamente attacchi per costruire sempre nuove fabbriche, logistiche, strade, da sempre chiediamo una legge per la protezione dei terreni dalla cementificazione e perché vengano prioritariamente utilizzati i vecchi capannoni dismessi o le fabbriche abbandonate.

Capisco che le logistiche siano sempre più importanti, che vadano costruite vicino a snodi stradali, ma ritengo che vada fatta una programmazione più precisa degli interventi e soprattutto, se vogliamo utilizzare i capannoni dismessi, i permessi per le bonifiche abbiano tempi brevi, perché un imprenditore non può aspettare i tempi “biblici” della burocrazia per partire con il proprio investimento.

Ma al di là di difendere “fisicamente” i terreni agricoli/forestali tanto può essere fatto dalla agricoltura e da una corretta gestione dei boschi . Può sembrare strano ma l’Italia è uno dei paesi europei con la percentuale maggiore di boschi e foreste in Europa (37%), con una superficie di circa 11 milioni di ettari, e che è aumentata del 25% negli ultimi 30 anni (dati Confagricoltura). L’incremento è dato dal bosco che si sta riappropriando di aree, soprattutto collinari e pedemontane, abbandonate dall’agricoltura, perché economicamente non sostenibili, ma lo fa in maniera disordinata, con una boschina (bosco basso e fitto) degradata ottima per gli incendi estivi, che non protegge il territorio da problemi idrogeologici. La conseguenza è che questi boschi assorbono poca anidride carbonica e consumano più ossigeno di quanto non ne producano. Anche il bosco va curato e coltivato per ottenere piante realmente capaci di rigenerare l’ambiente, di difendere il territorio collinare e montano e al tempo stesso generare lavoro e impedire l’abbandono di intere aree. L’industria del mobile è uno dei fiori all’occhiello della nostra economia, ma per il proprio approvvigionamento deve basarsi sull’importazione massiccia di legname dall’estero. Aiutare l’economia agricola di queste aree è un fattore importante di sostenibilità, tanta produzione agricola/forestale può essere recuperata, con grande beneficio ambientale e sociale.

Anche nella nostra pianura lodigiana dove il paesaggio rurale è stato costruito dall’uomo che ha trasformato un terreno paludoso in un terreno fertile, uno dei migliori al mondo, grazie a un lavoro costante e faticoso, alla ricchezza d’acqua, al sole e alla “merda” dei nostri animali, diventa importante proteggere e migliorare il suolo, perché il suolo è vivo e da vita alle piante. Il primo compito di noi agricoltori è quello di fornire un cibo sano sicuro e sufficiente, ma lo dobbiamo fare in maniera sostenibile per massimizzare la capacità rigeneratrice della agricoltura, siamo l’unica attività che sequestra, con le piante, anidride carbonica, la immagazzina nel terreno sotto forma di carbonio e restituisce ossigeno. Possiamo raggiungere questo obiettivo di avere ottime produzioni, salvaguardando la salute dei suoli, utilizzando le tecniche della agricoltura conservativa, che non sono altro che le buone pratiche che da sempre sono utilizzate in agricoltura. Si tratta di utilizzare tecniche di minima lavorazione, significa dimenticare l’aratro, rispettare il terreno entrando a coltivare nelle migliori condizioni, minimizzando i passaggi delle erpicature, con minori emissioni di inquinanti. Si devono effettuare le rotazioni, alternando le colture, il terreno deve essere sempre coperto di vegetazione per evitare dilavamenti, i residui colturali favoriscono la creazione di uno strato fertile dove le radici possono crescere trovando il necessario nutrimento. I campi gialli a primavera sono coltivati a colza, utilizzata come coltura da sovescio, pianta che ha delle radici lunghe e molto grosse, che viene interrata e non raccolta per migliorare la qualità del terreno. E infine avere una zootecnia integrata e in equilibrio con il terreno per avere un giusto apporto di sostanza organica dato da letami e liquami.

Agricoltura conservativa non significa agricoltura bucolica, significa perseguire gli obiettivi utilizzando le più moderne tecniche di agricoltura di precisione, significa progredire nella ricerca genetica (con le nuove tecniche di selezione NBT), utilizzando concimi e prodotti fitosanitari in maniera più mirata, con prodotti sempre più “verdi” che non lascino residui sui prodotti.

Un libro dei sogni mi direte, ma questa è l’agricoltura che deve avere come priorità la sicurezza alimentare, coniugata con il rispetto dell’ambiente e che deve aumentare la propria capacità rigeneratrice.

Ma come sempre il fattore umano, la testa delle persone, diventa il fattore determinante per raggiungere questi risultati.

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