Senzatetto: a San Donato riapre Casa Zaccheo, il volontariato cattolico resta in prima linea

Il commento di Marco Ostoni

Mentre c’è chi pensa di risolvere i drammi della povertà, del disagio e dell’emarginazione sociale semplicemente togliendoseli dalla vista (e quindi spostando altrove o facendo in modo che si spostino altrove le persone che vivono nel degrado, personale e sociale) dalla Caritas e dalle parrocchie sandonatesi è giunta in settimana una buona notizia per dare concretamente una mano a queste persone e, in particolare, a coloro che sono senza fissa dimora: la riapertura, a fine mese, del “progetto freddo”, accolto dalla “Casa Zaccheo” di San Donato.

Si tratta di un progetto di accoglienza notturna temporanea (attivo durante i mesi freddi dell’anno) offerto congiuntamente dalla Caritas di zona - che già fornisce la mensa per gli indigenti - e dalle parrocchie cittadine, capofila la parrocchia di San Donato Vescovo e Martire, la quale mette a disposizione i locali destinati a ospitare fino a primavera inoltrata 8/10 senzatetto.

Tale servizio prezioso, per il quale gli organizzatori auspicano contributi e collaborazioni anche dal volontariato locale, è nato ormai qualche anno fa sull’onda di un’emergenza nuova nel Sudmilano e legata alla vicinanza con la metropoli milanese, ma è stato sospeso per il Covid, rimanendo successivamente congelato e impantanato nella burocrazia per un ulteriore biennio. Ora, risolte anche tali questioni, può finalmente ripartire.

È tuttavia evidente che si tratta di una goccia nel mare del bisogno. Un bisogno, legato non solo all’indigenza ma anche ad altri tipi di difficoltà e disagi (non ultimi quelli di natura psicologica), per affrontare i quali il ruolo delle reti parrocchiali e del volontariato (cattolico anzitutto ma non esclusivamente) è fondamentale sul territorio, come provano anche altre esperienze. Fra queste basti ricordare la sfida (riuscita) dell’emporio solidale di San Giuliano, sempre più importante per garantire sostegno concreto a decine e decine di famiglie in forti difficoltà economiche; quella parallela del Banco alimentare (a San Giuliano e San Donato in primo luogo); i diversi centri d’ascolto attivati da Cartitas (attivi anche a Melegnano, Peschiera e Paullo, per citarne solo i maggiori) e quelli della comunità di don Chino Pezzoli, la quale opera - solitaria - anche

sul difficilissimo fronte della lotta contro le tossicodipendenze.

Senza questa rete di volontariato sociale, cui si affiancano anche ulteriori servizi di accoglienza e supporto a vario livello (il Centro aiuto alla vita e le scuole di lingua per stranieri, ad esempio), le amministrazioni locali, che pure hanno allertati e attivi i rispettivi servizi socio-assistenziali e di sostegno al reddito, non potrebbero farcela. Ciò sia per la penuria di risorse economiche, sia per la carenza di personale adeguatamente formato alla bisogna.

Se questo è vero, però, è anche vero che il pubblico potrebbe fare di più e meglio se solo dalle autorità e dagli enti “superiori” (Regioni e Governo anzitutto) si procedesse a mettere in alto nelle rispettive agende tali questioni, investendo denari ma soprattutto tempo ed energie per spenderli bene. Amministrare è soprattutto questo: occuparsi del bene comune, partendo dai più deboli.n

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