Editoriali / Lodi
Giovedì 16 Novembre 2017
Pronti a cedere dati sensibili in cambio di soldi
di Paola Dalla Torre
E, tra le aziende considerate meno degne di fiducia riguardo la tutela della privacy, spiccano i social network, considerati poco sicuri dal 74%. La ricerca dimostra, dunque, che c’è bisogno di un aumento della consapevolezza su questi temi, perché ognuno di noi impari a gestire e difendere i propri dati personali.
Tra le tante insidie che nascondono le nuove tecnologie connesse alla Rete c’è quella che riguarda la difesa della propria privacy: ormai, infatti, quasi ogni applicazione tecnologica acquisisce, più o meno trasparentemente, i nostri dati e ognuno di noi, dunque, è “virtualmente” deprivato del suo spazio privato. Ma quanto la gente si rende conto di questa problematica? Quanta consapevolezza ne ha? E di conseguenza quanto coscientemente agisce di conseguenza?
Una ricerca di Altroconsumo su un campione di 995 persone, dai 18 ai 64 anni, coordinata da Marco Anelli, dimostra che gli italiani non conoscono le norme sulla privacy e l’importanza dei dati sensibili in Rete. E che, anzi, in molti sarebbero disposti a cedere le proprie informazioni personali per avere una ricompensa.
Il 91% dei partecipanti ha dichiarato di non leggere i termini e le condizioni che compaiono per poter usufruire dei servizi web, la maggior parte si limita a barrare la casella per accettarli. Tra le cause principali, la lunghezza del testo e l’impossibilità di modificare le impostazioni sulla privacy. Così facendo, però, il rischio è quello di ritrovarsi iscritti a newsletter e ad abbonamenti non richiesti.
La percentuale che colpisce di più, tuttavia, riguarda la possibilità di ricevere una ricompensa in cambio dei propri dati sensibili. Ben il 60% delle persone sarebbe d’accordo allo scambio e solamente il 16% si è dichiarato contrario. Il 24%, invece, ha preferito non esprimersi. Il dato è però significativo: la maggioranza dei partecipanti alla ricerca non conosce il valore delle informazioni personali e di quanto sia importante tutelarle.
Come ha spiegato Anelli, “lo studio ha evidenziato due caratteristiche che si contrappongono ma che, allo stesso tempo, riflettono perfettamente la realtà. Da un lato la scarsa fiducia mostrata dai partecipanti, che hanno paura che i loro dati sensibili vengano utilizzati in modo scorretto, dall’altro la passività nel fornirli”.
La ricerca ha inoltre portato alla luce le paure degli italiani, che temono di essere controllati attraverso il web. Tra i settori che il campione intervistato vorrebbe tutelare in primo piano ci sono la salute, l’economia, come il reddito, e i cambiamenti della vita quotidiana, come ad esempio la nascita di un figlio.
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