POLITICA Il Pd in affanno va alla ricerca del suo “popolo profondo”

Il commento di Paolo Pissavino

Stefano Bonaccini, Gianni Cuperlo, Paola De Micheli ed Elly Schlein domenica prossima si contenderanno, nelle primarie, la segreteria del Partito democratico, con l’obiettivo di rifondarne l’azione politica, cercando di recuperare al Pd quei sostenitori che durante le ultime tornate elettorali sono andati a ingrossare la marea dell’astensionismo quando non a sostenere altri partiti e movimenti politici. Per il vero, ai quattro spetta il compito di riportare a favore del partito il consenso di coloro che Massimo D’Alema venne a definire, quindici anni or sono, “popolo profondo”.

“Popolo profondo” resta una formula curiosa ma interessante che fu da lui usata nel corso di una conversazione pubblica con il giornalista Giovanni Floris il 4 settembre 2008, per stigmatizzare le difficoltà in cui - allora non diversamente da oggi - si dibatteva il Pd. In effetti, si era all’indomani dell’elezioni politiche indette il 13 e 14 aprile, a seguito della caduta del secondo governo Prodi e il conseguente scioglimento delle Camere: il risultato fu, come si ricorderà, la netta vittoria elettorale ottenuta dal centrodestra che portò Silvio Berlusconi a formare il suo terzo governo. Il contesto, in cui tale formula veniva richiamata, connotava, quindi, uno scenario complesso per il Pd, che in quelle elezioni aveva perso oltre il 12 per cento dei suffragi. Con quella formula D’Alema intendeva sottolineare il fatto che, se fossero stati chiamati al voto solo i cittadini lettori di giornali, il Pd avrebbe ottenuto un enorme successo, laddove la questione seria era, invece, un’altra. Si trattava, infatti, di individuare i messaggi politici adeguati a conquistare, appunto, “il popolo profondo”, cioè quella parte di elettorato che era stata facile appannaggio della strategia comunicativa di Berlusconi, tesa a insistere su pochi e facili concetti volti a coinvolgere gli elettori, soddisfacendone aspettative e istanze.

Resta vero che, oggi, il “popolo profondo” sostiene ancora una volta il centrodestra, indirizzando il proprio consenso a Giorgia Meloni e all’azione del suo esecutivo. La necessità di riuscire a raggiungere il “popolo profondo” resta, dunque, problema che ancora investe i candidati alla segreteria del Pd. Per loro non si tratta solamente di dichiarare le finalità che devono ispirare i propri programmi - combattere le diseguaglienze, rafforzare lo stato sociale, promuovere la parità di genere, tutelare l’ambiente, stimolare la crescita - e, conseguentemente, qualificare le scelte che ciascuno intende perseguire per raggiungere tali obiettivi in presenza di scarsità di risorse. Si tratta, soprattutto, di individuare i destinatari a cui rivolgere il proprio programma politico, siano essi operai, imprenditori, addetti al pubblico impiego o al settore privato, alti burocrati, intellettuali, disoccupati, emarginati e immigrati. L’importante è che le idee espresse nei messaggi rivolti agli elettori siano chiare, distinte e, soprattutto, alla portata di tutti.

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