Piccole scuole lodigiane salve, ma ora guardiamo al futuro

Il commento di Pierluigi Cappelletti

Ho letto con piacere che è finita bene sia per i piccoli bimbi dell’asilo di San Martino in Strada che sembravano troppi sia per gli scolaretti della futura prima classe della primaria di San Gualtero che sembravano troppo pochi. In entrambi i casi l’unione di intenti fra sindaci, parroci, genitori, dirigenti scolastici, provveditore e prefetto di Lodi ha portato il risultato sperato dalle famiglie.

Ma ha vinto anche la campagna di sensibilizzazione di questo quotidiano, che ha sostenuto a spada tratta il valore della scuola in una comunità. Non sono più a rischio nemmeno le classi prime delle scuole della Bassa, Orio Litta, Senna, Ospedaletto e Castelnuovo, da anni sempre in bilico.

Il problema di fondo però resta: la società e la vita in questi ultimi anni sono profondamente cambiate e i piccoli paesi “di campagna” (come si sarebbe detto un tempo) soffrono più di tutti il cambiamento epocale. Casale e Codogno offrono possibilità lavorative, maggiori servizi e più case, così le famiglie giovani si trasferiscono in città. E la denatalità incombente da anni fa il resto.

Allora mi chiedo ancora una volta a cosa serve tenere in piedi norme ormai antiquate e fuori dalla realtà come il limite minimo dei 15 alunni per classe. “Limite” è un termine che segna un confine divisorio: ma per la scuola, che non è uno Stato, né un terreno agricolo, né un campo di calcio, il vocabolo è sbagliato, vorrei dire offensivo della dignità delle persone, tanto più se riferito a bambini. I bambini non possono venire assimilati a meri numeri e devono stare insieme, crescere nell’ ambiente dove hanno fatto i primi passi della loro vita. Non sono mai voci di spesa a carico di uno Stato, ma una ricchezza. E nessun Governo deve decidere chi può andare a scuola a casa sua, dove i genitori versano le tasse, e chi no perché non viene raggiunto “il limite”.

Questa volta, come altre in precedenza, si è “buttato un salvagente” e i genitori non sono affogati, ma fra un anno il problema nei piccoli Comuni si ripresenterà. Si dovrà battere la grancassa e stare in ansia in attesa di un nuovo salvagente?

Uno Stato serio deve prendere in esame da subito il problema, deve credere e investire nel valore educativo ma anche sociale della scuola di base. Serve a poco tappare qua e là qualche buco in extremis, chi governa svolga il suo vero ruolo sbandierato nelle campagne elettorali: mettersi al servizio dei cittadini.

E il modo più consono è occuparsi dei più piccoli dando loro la possibilità di frequentare la loro scuola, andando a piedi nel plesso con i loro amichetti dell’asilo, quella scuola che anche mamma e papà hanno frequentato. Così si tiene in vita un paese e si crea comunità, laddove la classe può uscire in visita didattica e visitare la cascina dove mungono le vacche, il vicino fiume, il palazzo municipale e magari entrare nelle case degli anziani per portar loro un saluto e prendere nota delle loro testimonianze, partecipando tutti in fila con la bandiera della scuola alle feste civili nazionali.

Sono d’accordo con le parole espresse dalla preside di Livraga che è stata anche una maestra e sa meglio di tutti di cosa oggi la scuola ha bisogno, ma senza nessun “limite”: istituire una pluriclasse, magari per un anno o due, non è la fine del mondo, anzi è un arricchimento nella condivisione educativa. In Italia ci sono oltre 1.600 pluriclassi, presìdi importanti che svolgono anche una funzione sociale.

Egregi signori parlamentari, dimostrate coi fatti di avere a cuore le persone più fragili e le piccole comunità: il PNNR non deve servire solo per strade e rotatorie dove far circolare di prima mattina piccoli pendolari di cinque e sei anni, il PNNR va usato per rendere umana e vivibile la vita delle famiglie con figli, istituendo e sostenendo nidi, asili e le classi elementari in ogni Comune.

* maestro in pensione di Orio Litta

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