Perché la Cina è cosi aggressiva e perché gli Usa la temono tanto

L’analisi del professor Massimo Ramaioli

Non sono tempi facili per i rapporti sino-americani. In breve tempo, Pechino e Washington hanno visto le relazioni bilaterali inasprirsi dopo la visita a Taiwan lo scorso agosto dell’allora rappresentante della Camera Nancy Pelosi: la vicenda del pallone cinese che ha sorvolato il territorio degli Stati Uniti e le dichiarazioni, quanto mai aggressive, del nuovo ministro degli esteri cinese, verso la politica estera americana. Il tutto nel contesto della guerra in Ucraina, dove ora in maniera più esplicita e diretta (come nel caso degli USA con l’Ucraina) o più ambigua (come nel casodella Cina con la Russia), i due paesi si ritrovano su fronti diversi di un violentissimo scontro bellico.

Sono dinamiche che si inseriscono in una competizione che va trasformandosi in aperta rivalità tra i due paesi. L’America è la potenza dominante. La Cina la sfida. Un progetto, se non di sostituzione dell’America come egemone, allora sicuramente di co-gestore, alla pari, dell’ordine mondiale. E quindi un progetto che più ambizioso non si può configurare. La Cina lo ha lanciato sulla base di tre fattori. In primo luogo, la “geografia” del paese, di dimensioni continentali e a lungo il più popoloso del pianeta. Poi, una crescita economica con pochi uguali nella storia. Nel giro di quarant’anni la Cina ha raggiunto un PIL l’80% circa di quello americano. In ultimo, ha coltivato una serie di relazioni bilaterali basate sull’interscambio commerciale. Centro chiave di queste relazioni è stata l’Europa, felice mercato di sbocco per l’export cinese. Ma poi anche Africa per materie prime, e paesi dell’Asia centrale quali snodi logistici delle nuove “vie della seta”.

A questo punto, si tratta dunque di trasformare il peso demografico, economico-finanziario, infrastrutturale in peso politico. È ovviamente il passaggio più complicato in quanto gli Americani, non solo tollerando, ma anzi supportando la crescita economica cinese, mai si sognerebbero di condividere con loro il proprio primato politico. Non confondiamo tornaconto economico con volontà di potenza per paesi come questi.

Come leggere dunque il comportamento cinese, ultimamente tanto verbalmente aggressivo? Come interpretare le risposte americane, dello stesso tono? Partiamo da Washington. Il contenimento cinese è priorità assoluta - molto più della Russia, paese più violento ma anche molto più debole. Contenimento che gli Stati Uniti giocano, da una posizione di vantaggio, sul lungo periodo. In che senso? Qui veniamo alla Cina. La sua postura sempre più aggressiva tradisce non sicurezza, ma al massimo impazienza: più probabilmente, apprensione e ansia. Questo perché i fattori di cui sopra che hanno reso possibile l’ascesa a prima vista inarrestabile del Dragone non solo non si stanno traducendo così efficacemente in potenza politica tout-court; ma anche e soprattutto perché questi stessi stanno rivelando crepe profonde, addirittura strutturali. L’India è il nuovo colosso mondiale per popolazione: questo in quanto la Cina sta invecchiando ad un ritmo spaventoso, se è vero che entro fine secolo perderà meta dei suoi 1,4 miliardi di abitanti. Calo demografico che porta necessariamente in una contrazione economica, a fronte di una popolazione che invecchia e smette di lavorare. Come si sente dire, la Cina teme di diventare vecchia prima che sia diventata ricca. Questo poi si traduce a livello interno in una più difficile gestione del malcontento, fino ad ora tenuto a bada da una combinazione di crescita economica e repressione autoritaria. Infine, ed ancora in relazione all’economia, a causa della guerra in Ucraina i fondamentali contatti con l’Europa si sono indeboliti. È un’Europa che per garantire la propria sicurezza si volge ancor di più verso Washington, una torsione che la allontana giocoforza da Pechino. Una Russia amica compensa solo in parte questo. Con Mosca non vi è una vera alleanza: la Russia compete, a livello geografico, sugli stessi territori centroasiatici su cui la Cina ha da tempo posto le sue mire.

Una Cina che, conscia di tutto questo, accusa gli Americani delle proprie difficoltà. L’orizzonte strategico di entrambi ruota ovviamente intorno alla questione di Taiwan, luogo dove i piani egemonici dei due contendenti non possono che scontrarsi. La tensione in questo senso è destinata a crescere. La Cina avrà una finestra nei prossimi anni che la vedrà, plausibilmente, all’apice della sua forza prima di un inevitabile calo, e che Pechino vorrà sfruttare. A questo gli USA si stanno preparando.

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