Pane e olio ai bambini che non pagano la mensa

di Corrado Sancilio*

C’era una volta pane e pomodoro accompagnato da un filo d’olio, oggi c’è pane e olio senza pomodoro. A decidere di questa nuova ricetta è la sindaca di Montevarchi in provincia di Arezzo riservata ai bambini delle materne e delle elementari i cui genitori risultano morosi nel pagamento della retta del servizio mensa. Non c’è dubbio. La sindaca di questo comune applica la legge: chi non paga, finisce a pane e olio. Solo che a non pagare sono i genitori e a finire a pane e olio sono i figli. Il dovere d’ufficio viene prima del dovere morale e il dovere d’ufficio dice che di fronte a certe situazioni bisogna essere determinati, freddi, impersonali, non bisogna farsi catturare dalla passione per il proprio ruolo,nemmeno davanti a dei bambini che al contrario si aspettano dagli adulti amore, attenzioni, dolcezza. Come diceva Émile Durkheim, sociologo francese, «rispetta il tuo ruolo e fa’ al meglio ciò che ci si aspetta da te nel lavoro sociale». In questo caso le famiglie che pagano si aspettano dalla nostra sindaca che lei faccia valere il suo ruolo, che paghino tutti, che nessuno sgarri, che nessuno alimenti dubbi o errori perché tutto ciò alimenta il disordine. Leggi e regolamenti sono fatti apposta per essere rispettati e da questa massima sono esclusi modelli di comportamento che potrebbero essere in contrasto con chi a queste leggi e a questi comportamenti si ispirano e si adeguano.

Mi viene da citare l’imperativo categorico kantiano. Cosa scriveva Immanuel Kant, filosofo dell’Illuminismo tedesco: «agisci in base alla massima che vorresti veder eretta a norma universale» e in questo caso per la sindaca di Montichiari l’unica massima da erigere a norma universale è la sua: pane e olio ai figli di chi non paga! Solo che ad essere crudeli nelle riflessioni mi vien da dire che siamo di fronte a un sistema di punizione trasversale: colpire i piccoli per far recedere i grandi dalle infauste decisioni. Un sistema che ha dato frutti visto che sono state recuperate quasi tutte le rette mancanti.

Ora al di là dei risultati ottenuti cosa possono pensare i bambini impegnati a consumare il pranzettino mentre osservano coloro che in disparte mangiano pane e olio? Che c’è uno spazio della giornata in cui si viene divisi, in cui si crea un confine davanti alle stesse maestre. Da una parte i buoni, i rispettosi, con alle spalle genitori che fanno il proprio dovere, dall’altra gli insolventi, i ribelli, con alle spalle genitori scaltri, che fanno i furbi, che non fanno il proprio dovere. Una classica situazione che rischia di alimentare differenze, allontanamenti, se non addirittura odio.

Una domanda mi viene spontanea: siamo sicuri che la sindaca di Montichiari stia facendo il proprio dovere? È davvero certa la nostra sindaca che quel dovere messo in atto, origini veramente del bene? E dov’è finita la bontà quotidiana? Come burocrate la nostra sindaca ha fatto il proprio dovere, come massima espressione di una comunità ho qualche dubbio. Ha applicato la legge e su questo non posso che darle ragione, ma la ragione da sola non basta proprio perché talvolta la ragione inganna.

Perché oltre la ragione ci sono i sentimenti, c’è il desiderio del bene per gli altri specialmente se questi altri sono bambini; c’è la preoccupazione di agire per il benessere di tutti nessuno escluso. Che si faccia per amore altrui o per simpatia non importa, ciò che vale è la convinzione che una piccola comunità scolastica non percepisca che l’unica preoccupazione sia quella di recuperare i soldi, alimentando così i dissidi. Il recupero del dovuto chiede altro che non quello di rivalersi sui figli. Oggi il recupero delle somme non percepite è possibile grazie a mezzi e strumenti che la tecnologia mette a disposizione, ma sento il dovere come educatore di segnalare all’opinione pubblica che in questo comune si è commesso un grosso errore educativo che potrebbe alimentare altri errori. Gesti come questi appaiono come socialmente aggressivi per il fatto che tendono a umiliare chi non si è messo in regola con i pagamenti delle rette.

Ci sono condizioni sociali che ci chiedono di andare al di là del dovere perché ci sono condizioni di fronte alle quali occorre mettersi in ascolto, occorre riconoscere che dietro ogni famiglia c’è una storia che chiede particolari manifestazioni di responsabilità, occorre essere convinti che il futuro dei bambini passa dall’accettare le diverse realtà sociali e che in queste bisogna riconoscersi. E’ sbagliato trasmettere nei bambini che l’idea del conflitto, così cara agli adulti, sia il sistema da preferire perché ritenuto risolutore di tutti i problemi anche in campo economico.

Nel nostro caso lo scontro si trasferisce dal livello sociale al livello scolastico, dagli adulti che non si conoscono tra loro, agli scolari che invece vivono l’intera giornata in classe fianco a fianco, ma che vengono separati in mensa. Non c’è che dire. È una bella dimostrazione di forza. A vincere sarà sicuramente lei, ma a perdere sarà l’idea di comunità sociale. Se voleva salire a rango di cronaca, c’è riuscita. Di lei e di quello che ha scatenato come reazioni ne hanno parlato tutti i media.

Mi preme ricordare quanto sottolineato dalla ministra all’istruzione Valeria Fedeli: «differenziare vuol dire umiliare, vuol dire far vivere una discriminazione e questo è inaccettabile». Dei due interessi contrapposti, quello economico e quello sociale, ha vinto quello economico, costringendo l’altro alla resa. E brava la sindaca!

*preside dell’Istituto “Agostino Bassi” di Lodi

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