
Editoriali / Lodi
Mercoledì 16 Luglio 2025
“Non venite alla Messa”, negli Stati Uniti corre la paura
IL COMMENTO Di Elena Bulzi
La diocesi di San Bernardino, in California, che conta più di un milione e mezzo di cattolici, è la più popolosa degli Stati Uniti ed il suo vescovo, monsignor Alberto Rojas, l’8 luglio ha emanato un decreto ufficiale in cui dispensa i fedeli dall’obbligo di partecipare alla Messa domenicale. È un atto previsto dal codice di diritto canonico, che però viene applicato in situazioni rarissime e di particolare gravità, come le guerre o le pandemie. Recentemente è stato applicato solo per il Covid 19.
Non ci sono pandemie o guerre in atto in California, pertanto, per noi che viviamo dall’altra parte dell’oceano, risulta singolare questa drastica presa di posizione assunta dal vescovo Rojas, e non certo a cuor leggero.
Cosa sta accadendo? Il vescovo Rojas scrive di “essere guidato dalla missione della Chiesa di prendersi cura del benessere spirituale di tutti coloro che sono affidati alle sue cure, in particolare coloro che affrontano paure o difficoltà”. Paura e difficoltà ben circostanziate e documentate dalle incursioni sempre più frequenti ed aggressive nei confronti anche di molte persone della diocesi di San Bernardino da parte dell’Ice, l’agenzia federale per il controllo delle frontiere e dell’immigrazione. L’azione degli agenti federali, infatti, per intento del presidente Trump, ha assunto modalità sempre più sprezzanti “del rispetto del diritto ad un giusto processo e della dignità dovuta a tutti i figli di Dio”, come aveva scritto sempre il vescovo Rojas in una nota diffusa il 23 giugno. In questa lettera accorata, pur apprezzando certamente l’applicazione della legge volta a mantenere al sicuro le comunità dalla violenza criminale, denuncia però con fermezza la situazione inaccettabile delle retate compiute nelle case, nei posti di lavoro e anche nelle parrocchie da parte dell’Ice, con il sequestro e la deportazione di alcune persone. Queste incursioni in luoghi sensibili, come chiese, ospedali e scuole, sono la conseguenza dei provvedimenti dell’amministrazione Trump.
Il vescovo lancia così un appello ai leader politici “per riconsiderare e cessare immediatamente tali tattiche in favore di approcci rispettosi dei diritti e della dignità umana e che costruiscano una più durevole e completa riforma del sistema di immigrazione”.
Intanto la situazione crea un clima di panico diffuso e di confusione angosciata in migliaia di parrocchiani immigrati che si sentono seriamente minacciati nella loro incolumità. Per questo il vescovo Rojas ha emanato il decreto, in quanto tutto ciò che sta accadendo “non è conforme al vangelo di Gesù” e la tutela delle persone in questa drammatica congiuntura è il bene primario da salvaguardare, così egli incoraggia pratiche spirituali alternative alla frequenza all’eucarestia, divenuta troppo rischiosa.
La posizione del vescovo Rojas non è certo isolata: già a maggio la diocesi di Nashville, nel Tennessee, aveva diramato una comunicazione, sia pur non formale, in cui si affermava che “nessun cattolico è obbligato a partecipare alla messa domenicale se questo comporta rischi per la propria sicurezza”.
A questo punto facciamo anche nostra la domanda preoccupata del gesuita americano James Martin: “Dove sono le voci a difesa della libertà religiosa?”.
Certo molti “stanno scendendo in piazza per dar voce alla loro opposizione verso le attuali politiche di controllo dell’immigrazione. Ed è loro diritto farlo”, ha scritto sempre a giugno monsignor Rojas, ma queste migliaia di voci sono ancora troppo poche, dato che le nostre coscienze intorpidite spesso vivono nella convinzione che i diritti in cui sono cresciute siano acquisiti per sempre in automatico e che quanto sta accadendo in troppi luoghi del mondo sia solo qualcosa che riguarda “gli altri”. Anche gli Stati Uniti sono nati sul rispetto di diritti considerati inalienabili, fino a quando questi principi fondamentali hanno incominciato ad essere ignorati per alcune categorie di persone, le più deboli e povere.
Inizia sempre così! Ed i vescovi statunitensi, almeno molti di loro, sono spaventati dai toni ostili che assume sempre più la narrazione mainstream sugli immigrati che viene sbandierata ed urlata senza ritegno attraverso tutti i canali di comunicazione, e per questo ritenuta l’unica valida!
“Molti gruppi etnici vengono costantemente descritti come criminali, stupratori, clandestini. Un modo atroce per disumanizzarli. Più in generale, c’è un grande disprezzo per il benessere dei poveri. Si stanno tagliando i servizi sociali e gli aiuti che sono un’ancora di salvezza per gli affamati e i malati mentre si propongono tagli fiscali che andranno a beneficio principalmente dei più ricchi”. Non tergiversa monsignor Seitz, vescovo di El Paso e presidente della Commissione per i servizi ai migranti e ai rifugiati della Conferenza episcopale degli Stati Uniti.
Anche noi dovremmo farci interpellare dalla lucida consapevolezza di queste posizioni: non riguardano solo gli Stati Uniti!
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