
Editoriali / Lodi
Mercoledì 13 Agosto 2025
«Non demonizziamo la nuova società digitale»
IL COMMENTO di Andrea Ciucci
Lodi
Martedì 29 luglio Papa Leone ha salutato gli influencer e i missionari digitali al termine del “loro” giubileo. Può sembrare un gesto di routine nei mille eventi di questo anno particolare per Roma e l’intero mondo cattolico. A guardare bene, però, il fatto, le parole dette e anche quelle non dette meritano qualche attenzione.
Partiamo da quest’ultime. Papa Leone non ha fatto un discorso carico di lamenti, di perplessità, di dubbi e pericoli. Non ha detto che i nostri giovani sprecano la loro vita davanti a un telefono, non ha gridato alla fine dei rapporti umani e dell’intera società, non ha definito internet il male del nostro tempo. Non ha detto: “una volta…” ammiccando a un passato che spesso idealizziamo perché spaventati dal presente. Tutto l’armamentario critico che abita non pochi ambienti cattolici, ipercritici sul mondo digitale in cui abitiamo, è assolutamente assente dalle parole del Papa. Forse qualche minuto di esame di coscienza, o almeno di confronto onesto con quanto il Pontefice ci dice, sarebbe opportuno.
E così veniamo alle parole dette. Rifuggendo ogni ritirata nostalgica, Papa Leone dice: “Di fronte ai cambiamenti culturali, nel corso della storia, la Chiesa non è mai rimasta passiva; ha sempre cercato di illuminare ogni tempo con la luce e la speranza di Cristo, di discernere il bene dal male, quanto di buono nasceva da quanto aveva bisogno di essere cambiato, trasformato, purificato”.
E più avanti: “Abbiamo il dovere di elaborare insieme un pensiero, di elaborare un linguaggio che, nell’essere figli del nostro tempo, diano voce all’Amore”.
Ecco la chiave interpretativa: essere figli del nostro tempo che danno voce all’Amore. Non si fugge il tempo presente e al contempo non ci si adegua alle storture e al peccato che, come ogni tempo, abita la storia.
Così papa Leone ci invita a custodire la “carne del sofferente”, a lavorare perché la nostra cultura “rimanga umana”, ad annunciare la pace, a “riparare le reti, […] a costruire altre reti: reti di relazioni, reti d’amore, reti di condivisione gratuita, dove l’amicizia sia autentica e profonda. Reti dove si possa ricucire ciò che si è spezzato, dove si possa guarire dalla solitudine”.
Qui si innesta la critica che Papa Leone rivolge alle reti sociali e di cui avverte gli influencer cattolici: guai a farsi annubilare dal numero dei followers, a chiudersi in una bolla mediatica, a cadere in una tentazione narcisistica. Piuttosto, a tutti sono affidati la custodia della verità e la bellezza dell’incontro personale.
Il Pontefice sembra sapere bene che le reti sociali non sono un territorio neutro, vergine; le logiche con cui man mano sono state progettate e abitate evidenziano rischi e visioni antropologiche e sociali che non sempre hanno a che fare con la giustizia e la dignità personale. Non per questo però chiede di abbandonarle e di condannarle.
Il fatto che nel calendario ufficiale del Giubileo sia stata inserita una data specifica per gli influencer e i missionari digitali dice bene quanto questo tema sia decisivo per il nostro tempo. Non saranno la rete e il digitale a salvare l’annuncio cristiano. Come sempre nella storia sono e saranno donne e uomini autentici, credenti e credibili, che abitando anche questo mondo, ci metteranno la faccia e testimonieranno la buona notizia del Vangelo.
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