
In un momento in cui le questioni migratorie dominano l’agenda politica di molti Paesi europei, l’accordo appena raggiunto tra Regno Unito e Francia per contrastare il passaggio di migranti attraverso la Manica sembra essere passato quasi sotto silenzio nella stampa italiana. Eppure, questo patto merita attenzione, perché rappresenta un approccio differente rispetto alle tante risposte finora adottate dalla politica europea sull’immigrazione irregolare, spesso incentrate esclusivamente sulla repressione o sui respingimenti.Dopo i colloqui tra Emmanuel Macron e Keir Starmer, è stato stilato un protocollo che punta a scoraggiare i migranti dal tentare l’attraversamento pericoloso della Manica a bordo di piccole imbarcazioni gonfiabili. Un fenomeno che, solo nel 2025, ha già visto superare la soglia di 20.000 persone, con un aumento del 56% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La situazione appare grave: secondo l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Oim), nell’ultimo anno ben 73 persone sono morte nel tentativo di attraversare, un triste record storico.
L’accordo tra Parigi e Londra prevede che la Francia riprenda i richiedenti asilo che non possono dimostrare un legame familiare con il Regno Unito e che hanno attraversato illegalmente il canale. In cambio, per ogni migrante rimpatriato in Francia, gli inglesi concederanno asilo a un migrante proveniente dalla Francia che abbia un legame familiare nel Regno Unito. In una prima fase, il piano pilota contempla il rimpatrio di circa 50 persone a settimana in Francia: un numero simbolico, che potrebbe però crescere se l’iniziativa avrà successo. I dati del governo britannico sono indicativi della portata del problema. Quest’anno, in totale, si prevede che quasi 37.000 migranti tenteranno questa rotta, con una media di circa 700 arrivi settimanali. Tuttavia, con il piano attuale che prevede il rimpatrio di appena 50 persone a settimana, la capacità di intervento appare limitata: in pratica, solo uno su 14 dei migranti che viaggiano via Manica potrebbe essere effettivamente respinto o rimandato indietro, secondo le stime governative.
Non mancano poi le criticità. Il piano potrebbe incorrere in ostacoli legali, soprattutto per quanto riguarda la Convenzione sui Rifugiati delle Nazioni Unite. Rimpatriare automaticamente persone basandosi solo sull’assenza di legami familiari potrebbe violare i diritti fondamentali, aprendo la strada a contestazioni nelle corti nazionali e internazionali. Nonostante le criticità e la complessità della questione, questo accordo merita un’attenzione particolare perché indica un cambio di prospettiva nella gestione dei flussi migratori. Per la prima volta, infatti, si tenta un approccio meno incentrato su politiche di contrasto a senso unico - fatti soprattutto di respingimenti e barriere - e più orientato a un dialogo internazionale e a una condivisione delle responsabilità.
Certamente, il piano è ancora imperfetto. Tuttavia, si tratta di un passo in avanti nel modo di affrontare un fenomeno complesso ed epocale. Gli Stati europei, spesso divisi e in competizione sulle politiche migratorie, potrebbero trovare in questo modello una possibilità per lavorare insieme, riducendo così le tragicità di viaggi rischiosi e irregolari e favorendo allo stesso tempo canali legali e sicurezza. Il nuovo accordo tra Regno Unito e Francia sulla gestione dei migranti potrebbe aprire la strada a un modello di cooperazione e sostegno reciproco, più equilibrato rispetto alle dure battaglie politiche e ai respingimenti che finora hanno caratterizzato la risposta europea all’immigrazione. È un segnale importante che non dovrebbe essere sottovalutato, neanche da chi osserva a distanza, come in Italia.
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